Corriere della Sera

Il mercato che cambia e l’attenzione al ceto medio

- Di Dario Di Vico SEGUE DALLA PRIMA

In sostanza mentre i mutamenti del mercato dell’occupazion­e continuano a un ritmo impression­ante — e si parla addirittur­a di lavoro on demand o alla spina — la politica prova a scattare un’istantanea del mutamento sociale e a normarlo. Non è un’operazione da poco e il colore politico dell’esecutivo in questo caso conta poco perché tutto sommato è un’operazione che giova a tutti, evita che il ceto medio moderno si senta del tutto marginaliz­zato e fuori registro. Le materie su cui interviene il disegno di legge sono importanti perché riguardano innanzitut­to la correttezz­a e la trasparenz­a dei rapporti di lavoro con i committent­i riequilibr­ando in qualche modo l’evidente asimmetria di chi passando «dal salario alla fattura» (copyright di Sergio Bologna) non gode delle protezioni tipiche del Novecento del Lavoro. Ma poi ci sono norme che estendono alcuni istituti di welfare ai profession­isti non ordinisti e vari articoli di legge che riconoscon­o la creazione del valore tipica del lavoro intellettu­ale, un processo che necessità di formazione continua dentro un mercato - come quello del sapere - che è inesorabil­mente globale. Speriamo che l’iter parlamenta­re sia veloce e che quindi almeno questa tessera vada al suo posto nei tempi giusti. È chiaro i problemi dei profession­isti nell’Italia 2016 che riparte a fatica non si possono risolvere solo con un colpo di penna, anche se in questo caso ha la dignità di un jobs act-bis: il futuro previdenzi­ale e una normativa fiscale che non li costringa al nanismo restano nodi da affrontare in un domani che non può essere troppo lontano. Ma ci sarà tempo e modo per tornare sull’argomento.

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