Le scelte spiegate ai suoi consiglieri: ho le mie idee, ma le metto da parte
dall’ansia di riavvicinare i cittadini alle istituzioni, con gesti semplici e attesi come l’uso dei voli di linea quando è in viaggio privatamente e la quasi completa apertura del Palazzo.
A poco a poco la gente ha imparato a conoscerlo. Ad apprezzarne la misura, l’equilibrio e quello che si potrebbe definire «carisma passivo». A guardarne con rispetto la storia personale, segnata da tragedie e battaglie i cui echi tornano nei suoi interventi: la lotta alla mafia che gli ha ucciso il fratello Piersanti, il dramma della disoccupazione al Sud, i richiami per l’etica nella cosa pubblica.
Un presidente, è stato osservato, che «non urla ma alza la voce, tenendola bassa». Che fa un uso intensissimo della moral suasion, lo strumento — che né si vede né si deve vedere — utilizzato già fin dalla stagione di Einaudi per suggerire miglioramenti, perfezionare e talvolta drasticamente correggere l’attività di governo, prima del voto in Aula. Chiaro che con uno come Mattarella, studioso di diritto ed ex giudice costituzionale, il processo di analisi dei testi (nomine, leggi, atti vari) è più affidato alla riflessione tecnica che alle fulminanti intuizioni tipiche dei politici di razza.
Resta il fatto che, indipendentemente dai riverberi mediatici ottenuti e dalle inevitabili pressioni parlamentari, al Quirinale non c’è un passacarte, oggi. E, oltre che nel Paese (come dimostra un consenso in crescita), a Palazzo Chigi se ne sono accorti. Sia quando hanno proposto provvedimenti-omnibus composti da un solo articolo con mille commi. Sia quando si è provato a glissare il filtro delle Camere con decreti privi dei requisiti di necessità e urgenza. Sia quando si sono azzardati Il primo selfie Lo scorso 17 dicembre al Quirinale il post su Instagram con le nuotatrici azzurre Il discorso L’intervento a reti unificate la sera del 31 dicembre. Al centro il lavoro (foto Ansa)