REFERENDUM E SVIZZERA PROBLEMA DEL QUORUM
A proposito di referendum, un lettore ha citato il modello svizzero, dove però vota soltanto una minoranza, tanto il quorum non viene richiesto. Se anche in Italia non ci fosse mai il quorum non sarebbe meglio?
PMilano
rima di rispondere alla sua domanda sul quorum, le segnalo che il 28 febbraio, in Svizzera, vi saranno quattro consultazioni. La prima concerne il risanamento della galleria del Gottardo e la costruzione di una galleria parallela per evitare che la circolazione, nel frattempo, venga sospesa. La seconda (una iniziativa popolare come la terza e la quarta) chiede un nuovo voto sull’espulsione degli stranieri che hanno commesso reati, per rendere la norma ancora più rigorosa. La terza chiede di vietare le operazioni finanziarie speculative concernenti materie prime agricole e derrate alimentari. La quarta chiede che non sia svantaggiato, rispetto ad altri modi di vita, un matrimonio che consista nella durevole convivenza, disciplinata dalla legge, di un uomo e di una donna.
Non posso dirle invece quali e quanti siano, nei prossimi mesi, i referendum cantonali e comunali con cui vengono prese decisioni minori e strettamente locali. Ma posso dirle che nella Confederazione elvetica si vota con una frequenza notevolmente superiore a quella di qualsiasi altre democrazia europea. Alcune di queste consultazioni (come l’iniziativa sui minareti e quella contro l’adesione svizzera alla libera circolazione delle persone nell’area europea) hanno provocato al governo di Berna parecchi grattacapi, ma il sistema è profondamente radicato nella cultura politica del Paese, è il frutto di una lunga storia federale, è legato alla sua configurazione geografica e demografica (solo 8 milioni di abitanti) ed è quindi molto difficilmente modificabile. Anche la mancanza del quorum appartiene alla storia di questa straordinaria democrazia diretta. Là dove la coesione sociale è ormai una virtù collaudata, è molto più facile supporre che i non votanti abbiano implicitamente delegato ai votanti il diritto di scegliere per tutti.
Detto questo, caro Conti, è certamente vero che il quorum italiano (il 50% più uno) ha reso impossibili riforme che erano volute da una parte consistente della società nazionale. Penso in particolare a quello del 18 aprile 1999 sulla abolizione della quota proporzionale nella elezione per la Camera dei deputati: un referendum che avrebbe introdotto il sistema maggioritario e sbarrato la strada alle discutibili leggi elettorali degli anni seguenti. I sì rappresentarono il 91,5% dei votanti, ma questi furono il 49,6% del corpo elettorale. Per evitare che questo accada, una soluzione potrebbe essere quella di collegare il quorum, nel referendum abrogativo, al numero di coloro che lo hanno chiesto: quanto più numerose le firme dei proponenti, tanto più basso il quorum.