E le lobby locali vincono ancora
Con il decreto di riforma della Pubblica amministrazione doveva finire l’epoca dei concessionari monopolisti. Ma, a quanto pare, qualcosa non ha funzionato: il testo è stato amputato dei suoi passaggi fondamentali.
Per una strana abitudine italiana, è possibile che nove giorni dopo l’approvazione di un decreto del Consiglio dei ministri il suo testo sia ancora sconosciuto al pubblico. Questi ritardi del resto sono così frequenti che ormai vengono considerati perfettamente normali: tutti sanno che una certa riforma è avvenuta, pochissimi privilegiati ne conoscono il contenuto, e nessuno se ne sorprende. È il caso, fra gli altri, del cosiddetto «Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale».
Quello è uno degli undici decreti attuativi approvati il 21 gennaio scorso, dopo la legge con cui il parlamento aveva delegato il governo a modernizzare la pubblica amministrazione. Almeno sulla carta, doveva essere uno dei passaggi più innovativi dell’intera riforma. C’era un obiettivo dichiarato: aprire alla concorrenza i mille piccoli (o non tanto piccoli) regimi locali di monopolio nella fornitura A nove giorni dal sì del governo i decreti non sono stati trasmessi in Parlamento
in milioni di euro alla concorrenza se non poteva dimostrare che avere due o più aziende di gestione dei rifiuti, erogazione dell’acqua o del gas avrebbe provocato dei problemi per i cittadini.
Niente del genere succederà, malgrado tutto. Su questo punto la legge-delega sarebbe stata disattesa in pieno dal governo (che peraltro ha il diritto costituzionale di agire così). Centinaia di società municipalizzate possono festeggiare in silenzio lo scampato pericolo di una riforma caduta sul suo ultimo metro. Resta solo da chiedersi come sia stato possibile. Di certo le pressioni delle aziende monopoliste, legittime, non saranno mancate; e non è difficile immaginare che si sia fatta sentire anche Utilitalia, la loro associazione guidata da rappresentanti della milanese A2A, della bolognese Herambiente o della romana Acea. In vista delle amministrative di giugno in molte città, la loro voce non dev’essere rimasta senza eco nelle stanze di Palazzo Chigi.
Il ritardo