Colloqui sulla Siria, si parte senza l’opposizione Iniziati a Ginevra gli incontri «indiretti» per porre fine alla guerra: ma le aspettative sono molto basse
Colloqui che non sono veramente colloqui. Negoziati senza le controparti maggiori. E una ridda di difficoltà, problemi e ritardi utili soltanto a sottolineare, se mai ce ne fosse bisogno, che nulla è facile per chiunque cerchi di rilanciare il processo di pacificazione in Siria. Le probabilità che si ripeta l’ennesimo fallimento della diplomazia (per la precisione il terzo nei cinque anni di guerra civile) restano molto più alte di qualsiasi prospettiva di successo.
E’ cominciata nella totale incertezza ieri a Ginevra la prima giornata di contatti sponsorizzati dalle Nazioni Unite per cercare di rilanciare il processo negoziale tra il regime di Bashar Assad e la pletora di milizie all’opposizione. Pesano le divisioni tra ribelli, lo scontro ormai aperto tra Riad e Teheran, le conseguenze dell’intervento militare russo iniziato a fine settembre e le recriminazioni contro la coalizione a guida americana. Soprattutto sono macigni le diffidenze tra avversari diretti sul campo: la brutalizzazione imperante, i ben oltre 250.000 morti dal 2011, i quasi 11 milioni di profughi, le devastazioni in un Paese diventato l’ombra di se stesso, la presenza di Isis, la povertà diffusa.
«Colloqui indiretti», li aveva cautamente battezzati Staffan de Mistura, il paziente inviato Onu per la Siria di origine italiana che da un anno e mezzo lavora a tempo pieno sul tema. Le delegazioni in questa «fase esplorativa» avrebbero dovuto incontrare il mediatore Onu in stanze «prossime, ma separate». Il suo piano sarebbe avviare un processo lungo 18 mesi, che dovrebbe condurre ad una nuova carta costituzionale e a libere elezioni. Ma, in realtà, neppure questo approccio graduale pare funzioni. Ieri l’unica delegazione approdata nella città svizzera è stata quella lealista al regime di Bashar Assad, guidata dall’ambasciatore siriano all’Onu, il fedelissimo (al presidente) Bashar Jaafari. Mancano invece all’appello gran parte delle milizie sunnite. Specialmente latitano i massimi leader dell’Alto Comitato dei Negoziati, l’organizzazione ombrello sponsorizzata dai sauditi, i quali da giorni ormai chiedevano quale precondizione un cessate il fuoco temporaneo e la fine dell’assedio da parte dei militari lealisti di Assad, sostenuti dai raid russi assieme ai volontari iraniani e la milizia sciita libanese dell’Hezbollah, che nelle ultime settimane hanno accerchiato e ridotto alla fame diverse enclave sunnite.
In particolare, le offensive del regime stanno ora attaccando i sobborghi di Damasco a Daraya e Muaadamiya al Sham, dove sono segnalate decine di vittime con nuovi esodi di massa tra i civili. La Turchia intanto dichiara che ai colloqui non possono partecipare i rappresentanti delle milizie curde. «Come possiamo negoziare se nulla viene fatto per costruire la fiducia?», spiegano dunque i capi sunniti da Riad in risposta a de Mistura, che l’altra sera in un messaggio video al popolo siriano aveva parlato di «opportunità storica da non perdere». Mentre gli organi stampa a Damasco accusano i «terroristi, sostenuti da Riad e Ankara» di evidenziare con la loro assenza la «mancanza di volontà di negoziare», i diplomatici occidentali a Ginevra parlano già di «totale fallimento» dei colloqui. De Mistura lancia invece un avvertimento: «Potrebbe essere l’ultima possibilità di pace».