Corriere della Sera

Coste e martingala L’eleganza dandy del made in Puglia

Pino Lerario di Tagliatore: «Vivo in azienda Disegno per i ragazzi e per i loro padri»

- M. Per.

Al lavoro Pino Lerario al suo tavolo da lavoro nell’azienda di Martina Franca. Sotto, un capospalla Tagliatore un’intuizione. «Quest’autunno/inverno è fatto di colori naturali, i colori inglesi della classicità un po’ rivisti dalla mia sensibilit­à di uomo del Mediterran­eo», racconta Lerario (che non poteva scegliere un testimonia­l normale: il suo, infatti, è l’inglese Ricki Hall, capelli molto lungi raccolti dietro la nuca, barba, e corpo quasi totalmente ricoperto di tatuaggi multicolor).

Le coste si allargano in modo significat­ivo, e si parte dal cammello per andare ai colori dei boschi, il verde e il marrone. Il caposapall­a è la sua specialità — le giacche sono più spesse, adesso, perché all’in- terno ha aggiunto uno speciale filato in bouclé con una mano ricca, quasi spugnosa — ma adesso punta anche sulle maglie, da portare sotto la giacca al posto della camicia.

Rivendica la bellezza del suo « made in Martina Franca » lontano dalle capitali della moda — «tanto quando serve si prende un aereo: Milano, New York, Tokyo, non c’è problema» — e rivendica con altrettant­o intenso orgoglio il «100% della produzione fatta qui, non come quelli che si fanno belli e poi in Italia cuciono giusto le etichette». ssere il presidente di uno dei più importanti grandi magazzini del lusso significa tante cose: vuol dire essere uno degli uomini più potenti del mondo della moda, vuol dire poter cambiare con un singolo ordine stagionale il fatturato di un’azienda — anche di una multinazio­nale — e vuol dire poter scegliere, per vestirsi, qualsiasi stilista al mondo. C’è almeno un caso, però, in cui il presidente di un gigante americano dei grandi magazzini di lusso si veste da una casa che non è presente nei suoi numerosi negozi sparsi per le vie dello shopping più ricche: veste Cesare Attolini. La casa napoletana conferma che quel cliente così importante — da Attolini non si fanno i nomi dei clienti, regola in disuso nell’era delle «celebritie­s» e del marketing — si veste da loro. Quando parla con Massimilia­no e Giuseppe, terza generazion­e a dirigere la casa, ammette che «siete gli unici a non chiamarmi» in cerca di un ordine. Nei grandi magazzini di quell’uomo così importante, gli abiti Attolini non ci sono per scelta, in nome dell’esclusivit­à — sono quasi edizioni limitate. Quell’americano così affezionat­o è un cliente e un amico: tra gentleman ci si capisce con poche parole. Continuerà a vestire quegli abiti assenti dalle relle dei suoi department stores, napoletano ad honorem nel suo ufficio di New York.

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