Corriere della Sera

«Svelo la verità sugli indiani sterminati» Dario Fo: a teatro racconto la storia dei Seminole, un popolo che nessuno è riuscito a sconfigger­e

- Giuseppina Manin

Se ne è andato il «Saint-Just» del cinema francese. Il soprannome era di Godard, che aveva sempre visto in Jacques Rivette il più rigoroso e incorrutti­bile dei critici e dei cineasti. Perché Rivette, nato a Rouen e morto ieri a Parigi all’età di 87 anni, era stato uno dei pilastri dei «Cahiers du Cinéma» ma anche uno dei più coerenti esponenti della Nouvelle Vague. Nei suoi scritti (celeberrim­o quello con cui accusò Kapò di Pontecorvo di essere un film «abietto») e superiori a quelli dei cosiddetti «civilizzat­i», Fo prima scrive un libro ( Storia proibita dell’America, Guanda) e ora lo adatta drammaturg­icamente alla scena. Domani sera è in scena al Teatro Duse di Bologna, stesso titolo, stesse vicende, stavolta corredate da alcuni disegni di Dario e raccontate con tagliente ironia.

Che promette di ribaltare stereotipi, di far emergere scomode verità. «Oltre 50 milioni sono stati gli indiani sterminati in nome di un’assurda conquista, uno dei massacri più grandi e rimossi della storia dell’umanità» denuncia il Nobel.

E in più con l’aggravante dello sfregio. «La cattiva letteratur­a e il cattivo cinema hanno fomentato l’idea che quelle stragi fossero “legittime”, che i bianchi stessero dalla parte del giusto. Solo pochi registi hanno avuto l’onestà di ribaltare quell’immagine scorretta e fraudolent­a. Mi piace ricordare tre titoli che hanno contribuit­o alla riabilitaz­ione dei nativi americani: Soldato blu di Ralph Nelson, Il piccolo, grande uomo di Arthur Penn, nei suoi film aveva sempre cercato di esplorare i limiti della messa in scena, il rapporto tra la «verità della finzione» e la «menzogna della realtà», tra l’argomento portato sullo schermo e i modi con cui era affrontato. Chiedendo allo spettatore una fiducia (e una pazienza) a volte «estrema» (il suo Out 1: Noli me tangere durava 12 ore per registrare nella maniera più veritiera i gesti quotidiani). Altre volte affrontand­o i nodi della ricostruzi­one storica ( La religiosa, che il Balla coi lupi di Kevin Costner. Film dove finalmente gli eroi sono loro, i pellerossa».

L’epopea dei Seminole secondo Fo ne svelerà altri. Personaggi leggendari come John Horse: «Un black Seminole, una sorta di Arlecchino nero, bravissimo a truffare i bianchi e a conquistar­e alla causa del suo popolo gli schiavi delle piantagion­i».

Come Mae Tiger, «Una meticcia, eletta nel 1966 primo presidente donna dei Seminole». O ancora James Billie, «Veterano Seminole della guerra del Vietnam, che al ritorno dovrà affrontare il nemico più insidioso, la droga, che minaccia di annientare anche la sua gente». Disegni Uno dei disegni di Dario Fo che compariran­no nello spettacolo «Storia proibita dell’America» che sarà domani al Duse di Bologna

Una storia di resistenza umana e comunitari­a, una civiltà utopica che non si mai arresa. «E forse per questo è stata “dimenticat­a” dalla storia ufficiale, quella dei vincitori. Accettare che una tribù “primitiva” fosse riuscita a tener testa a ogni invasore, era intollerab­ile. Tant’è che qualche storico in malafede ha sostenuto che alla fine quei nativi dovettero cedere, furono rinchiusi in una riserva e si estinsero. Sciocche menzogne, visto che i Seminole esistono ancora, abitano la Florida come secoli fa, e sono l’unico stato autonomo degli Usa».

Non solo, sono pure diventati ricchi. «Ricchi come gli americani ricchi. I Seminole hanno fatto bingo. E in senso letterale del termine, visto che gran parte delle sale da gioco della Florida sono attualment­e gestite da loro. Una metamorfos­i discutibil­e, che certo ha fatto sbiadire buona parte della loro identità originaria, ma anche una rivincita verso quei bianchi che così a lungo li avevano sfruttati».

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