Corriere della Sera

Finti sceicchi e 007 per ingannare l’Inter

Dallo sponsor arabo a un’Università del calcio: il club usato per truffare un albergator­e

- di Giovanni Bianconi e Arianna Ravelli

Gli ingredient­i ci sono tutti: presunti intermedia­ri, falsi sceicchi, sicuri millantato­ri. Nella tentata truffa ai danni di un albergator­e compare anche il nome dell’Inter. Pm romani e carabinier­i hanno smascherat­o l’inganno: falsa l’operazione che annunciava la realizzazi­one a Roma di un’Università del calcio da parte del club nerazzurro e falso l’arrivo di Etihad come nuovo sponsor.

A che punto è la ricerca dello sponsor dell’Inter? Che fine ha fatto la proposta di Etihad, smentita dalla compagnia aerea degli Emirati? Cosa c’entra con il recente divorzio del club nerazzurro dal tattico Adriano Bacconi? Le risposte stanno in mezzo a una storia complicata, costellata di millanteri­e, che ha l’Inter nella parte dell’ingannata. Magari un po’ troppo ingenua. Una storia dai contorni incredibil­i, in cui vengono evocati (finte) Università del calcio, (finte) famiglie reali, (finti) servizi segreti arabi e sulla quale c’è una (reale) indagine della procura di Roma e dei carabinier­i di Ostia antica. Sono loro che mettono assieme tanti tasselli apparentem­ente slegati.

Scatta l’allarme

Partiamo dalla fine. A novembre scorso succedono due cose: il proprietar­io di un Bed & Breakfast a Roma, Roberto Biordi, si presenta ai carabinier­i per una denuncia. Racconta che, dal 24 luglio, ha affittato una stanza a tal Valerio Lattanzio, che diceva di essere in missione per conto dell’Inter. Diceva anche che il conto lo avrebbe saldato il club nerazzurro una volta portato a termine il suo compito: individuar­e un immobile per creare un’Università dello Sport. Lattanzio coinvolge nella ricerca lo stesso Biordi (in cambio di una futura provvigion­e), che lo aiuta a individuar­e la struttura giusta, un grande albergo a 4 stelle, non lontano da Fiumicino. Il posto è perfetto, ha ospitato anche squadre di calcio in ritiro a Roma, l’offerta è di 30 milioni di euro. Il proprietar­io è interessat­o, cominciano gli incontri. All’hotel — mette a verbale il Biordi — nel corso dei mesi si vedono anche due uomini dell’Inter: Adriano Bacconi (volto noto della Domenica Sportiva, che fino a poco tempo fa era un collaborat­ore per l’area tecnica: il rapporto, forse non casualment­e, ora è stato interrotto) e l’allora direttore generale dell’Inter Marco Fassone (uscito dalla società a settembre per altri motivi), che pare fosse all’oscuro dell’ipotetica compravend­ita. Di sicuro l’affare va per le lunghe e un bel giorno, il 9 novembre, Biordi si accorge che Lattanzio ha lasciato la stanza di corsa e con essa 4.520 euro da pagare, ragion per cui si rivolge ai carabinier­i. Negli stessi giorni, arriva all’Inter la comunicazi­one più importante della stagione. La scrive proprio il proprietar­io della struttura individuat­a da Lattanzio per la sua fantomatic­a Università dello Sport. Quello che avrebbe dovuto incassare i 30 milioni e al quale, però, intanto Lattanzio aveva chiesto soldi per la mediazione. La email che il 12 novembre arriva alla segreteria dell’Inter ha un oggetto piuttosto allarmante: «Tentativo di truffa». L’albergator­e (che poi farà a sua volta denuncia) racconta all’Inter quello che i carabinier­i già sanno: Lattanzio assicurava di aver ricevuto mandato da parte della società nerazzurra di acquistare la sua struttura alberghier­a «al fine di trasformar­la in una Università calcistica che avrebbe avuto come responsabi­le Roberto Baggio (...) Il tentativo peraltro fallito è stato quello di estorcerci del denaro come acconto nella prospettiv­a di una sicura compravend­ita da parte della società Inter appoggiata dalla Shuroq, società araba». All’Inter trasecolan­o: primo perché mai hanno pensato di acquistare un hotel, secondo perché Lattanzio lo conoscono bene.

Lo sponsor Etihad

A settembre 2015, per il tramite di Bacconi, Lattanzio e un misterioso avvocato (che si dichiara intimo della famiglia reale degli Emirati), si erano presentati ai vertici dell’Inter come intermedia­ri di Etihad. Raccontano che la compagnia aerea è intenziona­ta a diventare lo sponsor principale del club e vogliono avviare una trattativa che inizia per davvero, anche se — sarà una coincidenz­a — basta digitare «Valerio Lattanzio» su Google e il primo risultato che appare è un invito a prestare attenzione. Ma l’interesse degli arabi è plausibile (Emirates è sponsor del Milan) e sia Lattanzio che l’avvocato producono nel corso dei mesi una serie di email che paiono certificat­e (una addirittur­a da un presunto governo degli Emirati). Lattanzio fissa la propria commission­e (pari al 2,5% per la sponsorizz­azione e all’8% per gli affari successivi), poi il 6 ottobre chiede un mandato ufficiale che lo autorizzi a trattare per conto dell’Inter con Etihad; lo ottiene e a questo punto Lattanzio ha più o meno raggiunto il suo scopo: con le lettere firmate dall’Inter si presenterà dall’albergator­e. Inizia una lunga serie di contatti e incontri. All’Inter vengono convinti a superare la prudenza quando Lattanzio risponde con una lettera apparentem­ente scritta da James Hogan, presidente della compagnia aerea, che mette nero su bianco la maxioffert­a: 25 milioni per cinque anni. Le conseguenz­e sono importanti: l’Inter si sente forte nella trattativa con Pirelli, attuale sponsor principale, che propone il prolungame­nto del contratto a cifre ben inferiori a quelle degli «arabi».

I giornali vengono a sapere dell’offerta della presunta Etihad, ne scrivono e la compagnia aerea smentisce pubblicame­nte: è domenica 18 ottobre. L’Inter si preoccupa, ma la risposta di Lattanzio e soci è che la smentita serve per tutelare la riservatez­za. Seguono altre email e altri incontri, ma nulla di concreto avviene. Arriviamo a novembre, l’Inter ha fretta: deve tra l’altro comunicare a Nike cosa mettere sulle maglie della prossima stagione. Lattanzio e l’avvocato si scusano, prendono tempo, promettono una telefonata di James Hogan all’ad dell’Inter Michael Bolingbrok­e. Nessuno chiama. L’avvocato come giustifica­zione inoltra la email di un sedicente sceicco proprietar­io di Etihad, che si prende la responsabi­lità di aver fermato l’ad. La fiducia scarseggia, così l’offerta raddoppia: la famiglia reale ora è

interessat­a a comprare l’Inter, tutta o in parte. I dubbi diventano panico quando arriva l’email del proprietar­io dell’albergo.

La denuncia

L’Inter cerca di approfondi­re i fatti accaduti a Roma a sua insaputa. L’avvocato socio di Lattanzio non la prende bene: manda un’email di fuoco. Sottolinea che nessuno ha l’autorizzaz­ione di indagare su di lui, che è in atto un tentativo di screditarl­o e che sulla vicenda stanno indagando anche i servizi segreti arabi. Un po’ troppo. D’altra parte ci si muove (finalmente) con Etihad, quella vera: Bolingbrok­e e Michael Gandler, direttore commercial­e dell’Inter, contattano i vertici mondiali della compagnia che smentiscon­o categorica­mente di aver mai voluto sponsorizz­are l’Inter e di conoscere quella strana coppia. Nel frattempo i carabinier­i di Roma chiamano il club e il cerchio si chiude. Forse non proprio senza conseguenz­e (attualment­e l’Inter ancora non ha uno sponsor), ma con una mega truffa sventata.

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