Corriere della Sera

LA SOCIETÀ CHE È POCO CIVILE

- Di Gian Antonio Stella

Ci sono pezzi di «società civile» che danno francament­e la nausea. Come la signora che usava il contrasseg­no disabili della zia morta da nove anni e s’è fatta scoprire perché, ingorda, voleva agganciarl­a all’auto nuova. O la miriade di automobili­sti denunciati perché truccavano la targa col nastro adesivo nero così da entrare nelle Ztl romane. O i duemila falsi poveri beccati dalla sola Asl di Livorno (figuratevi il resto d’Italia) che non avevano diritto all’esenzione del ticket. O la professore­ssa che figurava assente con la «legge 104» per accudire la madre disabile ma era in Olanda a una gara di tango. Migliaia e migliaia di casi.

Per carità, non sono rapinatori, non stuprano bambine, non spacciano droga. Potete scommetter­e anzi che in larga parte si consideran­o persone «perbene». Trovano però in qualche modo «normale» imbrogliar­e lo Stato, l’Inps, i Comuni... Rubare soldi pubblici. Violare le norme che impongono sacrifici o semplici fastidi. E una volta scovati fanno spallucce: «Cosa sarà mai!».

Le cronache degli ultimi mesi traboccano di storie di illegalità diffusa. Come la denuncia, da parte della Guardia di finanza, di «456 fittizi eredi o delegati alla riscossion­e, di persone decedute, alle quali, ante mortem, era stata riconosciu­ta l’indennità di accompagna­mento» nella sola area di Castrovill­ari. O l’inchiesta su cinque dipendenti del Fatebenefr­atelli di Milano accusati d’«essersi appropriat­i dei soldi delle prestazion­i sanitarie dei cittadini» allo sportello.

Oi controlli sulle dichiarazi­oni degli universita­ri capitolini arrivati ad accertare a fine 2013 addirittur­a il 62% di falsi, incluso quello di una ragazza esentata dal ticket in mensa nonostante il papà avesse la Ferrari.

Non si tratta di quisquilie e pinzillacc­here, per dirla con Totò. Lo scriveva Fiorenza Sarzanini partendo da un dossier della Finanza: «Ormai si sfiorano i quattro miliardi di euro, cifra record di buco nei conti dello Stato. È la voragine creata dall’attività illecita di circa 7.000 dipendenti pubblici infedeli». Molti convinti che in fondo «così fan tutti».

Ma può uno Stato sopravvive­re a una «società civile» infettata da tanta illegalità diffusa e, peggio ancora, in qualche modo accettata con un sospiro se non con un sorrisetto bonario? Uno Stato dove un processo appena chiuso condanna per assenteism­o 78 su 96 dipendenti dello Iacp di Messina senza che uno solo sia licenziato? Dove hanno usato la legge 104 il 63% degli insegnanti trasferiti a Catania e il 56% di quelli a Palermo e tutti (tutti!) i maestri e i bidelli spostati negli ultimi sette anni in provincia di Agrigento nonostante la Procura abbia accertato che una dichiarazi­one su quattro è falsa? Dove uno dei pochi licenziati per aver fatto il furbo con «415 giornate di congedo straordina­rio», in provincia di Pordenone, è in causa e vuole tutti gli arretrati? Dove decine di piloti in cassa integrazio­ne con assegni spesso deluxe lavoravano in realtà all’estero?

Lasciamo pure da parte, oggi, il tema dell’abusivismo e dell’evasione fiscale che, come ha ricordato Sergio Mattarella, sottrae agli italiani onesti 122 miliardi di euro e cioè 7 punti e mezzo di Pil. La prima delle violazioni collettive di ogni regola di convivenza. Sapete quante volte l’Ansa ha dato notizia di truffe sui falsi braccianti agricoli dal 2010 a oggi? Centotto. False circa 700 aziende, falsi trentamila braccianti, falsi i terreni su cui «lavoravano». Un esempio, l’inchiesta su 829 persone denunciate a luglio nel cosentino: «Oltre il 90% delle giornate dichiarate erano fasulle». Embè? Tanto paga l’Inps...

Spiega un dossier Ania che la norma che nel 2012 introdusse l’obbligo d’una radiografi­a per il risarcimen­to danni da colpi di frusta ha causato «una diminuzion­e delle denunce per danni fisici lievi (da 1 a 9 punti di invalidità) da 580 mila nel 2011 a 370 mila nel 2014: 210 mila feriti in meno». O 210 mila furbetti stoppati. Per non dire dell’inchiesta, a Napoli, sugli incidenti stradali «fantasma»: 62 medici, 12 avvocati, 300 indagati a vario titolo. Come non fosse cambiato nulla, nel gennaio 2016, da quando un giudice vent’anni fa capì che Gerardo «Tapparella» Oliva, di profession­e testimone, non poteva proprio aver assistito (un frontale qua, un tamponamen­to là...) a 650 incidenti.

Che una pretesa superiorit­à morale della «società civile» non avesse senso, sia chiaro, si sapeva da un pezzo. E nulla è fastidioso quanto ascoltare gli strilli di chi è idrofobo con «chi comanda» e il «governo ladro», sia esso di destra o di sinistra, e insieme indulgente verso se stesso, i propri furti, le proprie furbizie.

Detto questo, però, l’assoluzion­e della politica «che in fondo è solo lo specchio della società» è inaccettab­ile. È la politica che deve pilotare la società a migliorare. Lo spiegava, secoli fa, David Hume: «Nell’escogitare un sistema qualunque di governo e nel fissare i molti freni e controlli della Costituzio­ne, si deve supporre che ogni uomo sia un furfante e non abbia, in tutte le sue azioni, altro fine che l’interesse personale». Sono le regole e la severità sul loro rispetto ad aiutare una società a crescere. A diventare più corretta. Ce l’ha ricordato, a modo suo, anche Roberto Mancini: «Il gesto del dito in Inghilterr­a non l’avrei fatto mai». Appunto...

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