Corriere della Sera

Dalle retrovie avanza la sorpresa Rubio «Sono l’unico che può arrivare in fondo»

Il terzo posto lancia il giovane senatore repubblica­no della Florida. «Il mio turno è adesso»

- di Massimo Gaggi

«Mi hanno attaccato in tutti i modi. Dicevano che non ho i capelli abbastanza grigi, che le mie scarpe hanno i tacchi troppo alti. Mi hanno detto che non avevo chance, che dovevo mettermi in fila e aspettare il mio turno. Ma il mio turno è adesso. Sono l’unico che può sbarrare la strada a Hillary Clinton e che può rilanciare l’America dopo i danni fatti da Obama». A sentirlo ieri sera, prima ancora della fine dello scrutinio delle schede in Iowa, Marco Rubio sembrava un presidente «in pectore», più che un candidato arrivato terzo a una primaria importante ma «di periferia».

Donald Trump, classifica­tosi secondo davanti a lui, si è limitato a un saluto di due minuti: ringraziam­enti agli elettori con un sorriso forzato («grazie comunque, comprerò una fattoria in questo Stato»), qualche menzogna («non avevo mai pensato di vincere qui», dimentican­do tutti i suoi «we will win, and win big!») e la partenza per il New Hampshire dove sondaggi più favorevoli annunciano un’ampia vittoria.

Ma è il senatore della Florida ad avere ottimi motivi per festeggiar­e e presentars­i come il candidato conservato­re più credibile per la corsa alla Casa Bianca. Il Partito repubblica­no è terrorizza­to dall’ascesa di Trump, corpo estraneo nella storia del Grand Old Party, ma anche da quella dell’integralis­ta Ted Cruz che vuole trasformar­e le battaglie politiche in crociate. Così da tempo i leader studiano i candidati «eleggibili»: specie Jeb Bush e Rubio, oltre ai governator­i del New Jersey e dell’Ohio, Chris Christie e John Kasich.

Ma Jeb, che doveva essere la guida dei moderati, non ha mai preso quota, e gli altri hanno sempre stentato nei sondaggi. Rubio, che in Iowa non aveva molti supporter né ha investito molto (a differenza di Cruz che qui ha schierato 12 mila volontari), sperava di arrivare terzo, limitando i danni. E terzo è arrivato, ma il suo distacco da Trump è così limitato (un punto percentual­e, stesso numero di delegati conquistat­i) da giustifica­re un’impennata delle sue ambizioni: è il candidato che fin qui ha insistito di più sui programmi, quello con una visione più completa (anche se piuttosto marziale) del ruolo dell’America nel quadro internazio­nale. E anche il leader che ha attaccato con più durezza ed efficacia Hillary Clinton e Barack Obama.

È anche per questo che Rubio piace all’establishm­ent repubblica­no che da oggi penserà sempre di più a lui. Gli altri candidati moderati in Iowa non sono andati oltre il 2-3% dei voti. La corsa è appena iniziata, vedremo tanti colpi di scena. Possibili già in New

Hampshire (al voto martedì prossimo) dove Rubio e Jeb Bush si presentano appaiati nei sondaggi (10% ciascuno). Per il figlio e fratello di presidenti una chance per tornare in gara, forse non ancora l’ultima. Anche Kasich sembra deciso a tenere duro mentre Christie, con casse elettorali quasi vuote, rischia di gettare la spugna se non arriva un’impennata.

Da oggi per Rubio inizia un’altra partita: ha molte chance in più, ma verrà attaccato più duramente. Fin qui lo aveva fatto soprattutt­o la campagna di Bush, puntando su un paio di punti deboli: l’accordo bipartisan sottoscrit­to da Marco nel 2013 per una sanatoria degli immigrati illegali (mai divenu- ta legge) e una bugia sulla storia del padre che non scappò da Cuba nel 1959 per le persecuzio­ni di Fidel Castro, ma andò via nel ‘56 quando al potere c’era il dittatore Fulgencio Batista. Quelle della campagna di Jeb sono carezze rispetto alle cannonate che Trump sparerà contro Rubio.

Tacchi e capelli «Dicevano che ho i capelli poco grigi e i tacchi troppo alti. Ora si dovranno ricredere»

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In famiglia Il candidato repubblica­no Marco Rubio con moglie e figli si prepara a un discorso
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