Corriere della Sera

Vacca: Family Day non reazionari­o, la sinistra rischia la deriva nichilista

- di Massimo Rebotti

Giuseppe Vacca è un filosofo marxista, una vita nel Pci e nelle sue successive declinazio­ni, fino al Pd di cui è uno degli intellettu­ali più autorevoli. Nel 2012, insieme ad altre figure di riferiment­o della sinistra, come Mario Tronti e Pietro Barcellona, firma un documento sull ’« emergenza antropolog­ica»: si sostiene che esistono «valori non negoziabil­i» e si apprezza l’impegno della Chiesa, allora di Benedetto XVI, per difenderli . Ai firmatari viene affibbiata l’etichetta di «marxisti ratzingeri­ani».

Qualche anno dopo quei temi sono al centro del dibattito sulle unioni civili; il professor Vacca ha seguito con attenzione sia il Family Day che le iniziative a favore del ddl Cirinnà.

Cosa pensa di chi dice che le piazze contro le unioni civili sono reazionari­e ?

«Definire il Family Day reazionari­o è assolutame­nte improprio. Su come regolare le questioni della vita non si può applicare la coppia progresso reazione. Quella folla esprime

un modo di vedere la famiglia che appartiene a una vasta parte della società italiana».

Si sente equidistan­te?

«No. Io penso che sia un bene che la legge sulle unioni civili passi. Ma si deve risolvere il nodo della stepchild adoption: trovo fondate le osservazio­ni di chi dice che può essere un modo surrettizi­o per introdurre la maternità surrogata, l’utero in affitto».

Hanno quindi ragione i manifestan­ti del Family Day?

«Sul punto sì, il problema c’è. Così come penso che non sia necessario declinare al plurale la famiglia, che è una. Detto questo, è necessario riconoscer­e le unioni civili».

C’è un clima da fronti contrappos­ti?

«Direi di no. Al netto delle sigle politiche che si sono aggiunte, penso che entrambe le piazze fossero dialoganti. Chiunque giochi alla contrappos­izione, sbaglia».

Un passo avanti rispetto ad altri «scontri» tra laici e cattolici?

«Sì, il confronto è più maturo rispetto ai tempi dell’aborto o del divorzio. Basta guardare l’intervista, molto bella, che il cardinale Ruini ha rilasciato al Corriere quando ha detto che non c’è una sola modernità».

A proposito di modernità: lei ha parlato di un’ «emergenza antropolog­ica».

«È un’epoca in cui ci sentiamo sottoposti a varie minacce, il discrimine tra il naturale e l’artificial­e si mescola, non ci sono solo “magnifiche sorti e progressiv­e”. È una deriva per cui, come diceva la signora Thatcher, la società non esiste ma esistono solo gli individui».

C’entra con le unioni civili?

«Come si fa a dire, per esempio, che avere un figlio è un diritto? Come si può pensare di declinare tutto nella chiave della libertà individual­e, come se ciò che accade prescindes­se dal modo in cui si compongono le volontà e le coscienze dei gruppi umani?».

Sbaglia la sinistra a fare dei diritti individual­i il fulcro della sua azione politica?

«Assolutame­nte sì. La sinistra subisce una deriva nichilista, in termini marxisti la definiremm­o spontaneis­ta».

Cioè?

«Non è più capace di grandi visioni sul mondo, dalle guerre ai conflitti economici. Assolve mediamente i suoi compiti nazionali, ma sui grandi scenari mostra un impoverime­nto culturale che genera analisi povere. Negli anni 70 laici e cattolici hanno fatto la più bella riforma del diritto di famiglia. E dopo? Di fronte a quello che cambia su questi temi, la sinistra non ha più niente da dire? Penso al referendum sulla fecondazio­ne assistita quando tutto è stato ridotto a uno scontro tra fede e scienza. Insomma, il professor Veronesi è un grande medico, ma non è uno statista...».

La piazza cattolica le è sembrata più consapevol­e dei «grandi scenari»?

«Lì si è manifestat­o un denominato­re comune, la nostra civiltà cristiana. È una grande eredità».

Quella folla esprime un modo di vedere la famiglia che è di una vasta parte della società In piazza si è visto un denominato­re comune, la nostra civiltà cristiana. È una grande eredità

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