Bové e gli altri La campagna contro l’utero in affitto
La «carta per l’abolizione universale della maternità surrogata» è stata firmata ieri sera in una sala dell’Assemblea nazionale di Parigi, al termine di un convegno organizzato da tre associazioni di sinistra e sostenuto dalla vicepresidente socialista dell’Assemblea, Laurence Dumont. La filosofa Sylviane Agacinski (moglie dell’ex premier Lionel Jospin), tra le prime a prendere la parola, ha riassunto il senso dell’iniziativa: «Impedire che, come la prostituzione, anche la pratica dell’utero in affitto trasformi le donne in prestatrici di un servizio: sessuale, o materno. Il corpo delle donne deve essere riconosciuto come un bene indisponibile per l’uso pubblico. La madre surrogata non è forse madre genetica ma è senza
dubbio anche lei una madre biologica, tenuto conto degli scambi biologici che avvengono per nove mesi tra la madre e il feto. Il bambino in questo modo diventa un bene su ordinazione, dotato di un valore di mercato». La geografa indiana Sheela Saravanan ha parlato della dimensione «colonialista» del ricorso alle madri surrogate nei Paesi emergenti: coppie ricche del Nord del mondo sfruttano le sacche di povertà del Sud «per esercitare un inesistente diritto al bambino». Anche per questo i promotori insistono sulla necessità che l’abolizione sia prima europea poi universale: inutile vietare la maternità surrogata in un Paese, se è possibile accedervi in un altro. L’eurodeputato José Bové ha chiesto che, dopo il Parlamento di Strasburgo, anche la Commissione prenda posizione con un regolamento. E ha attaccato gli oppositori all’adozione degli omosessuali: «Insistere sul fatto che ogni bambino debba avere un padre e una madre ne fa gli alleati oggettivi della maternità surrogata».