Corriere della Sera

IL PREMIER E IL PERICOLO CHE GLI AVVERSARI DETTINO L’AGENDA

- Di Massimo Franco

La sensazione sgradevole non è solo quella di un’Europa istituzion­ale insofferen­te nei confronti del governo italiano. L’aspetto più inquietant­e dei botta e risposta continui tra Matteo Renzi e Bruxelles è che sono polemiche decise a freddo: forse dal premier, di certo dalle sue contropart­i. E dunque vanno lette come un cambio di prospettiv­a rispetto all’imperativo dell’unità del Vecchio continente. Non è chiaro se Renzi abbia deciso di accettare questo terreno scivoloso fino in fondo. L’unica cosa certa è che a imporgliel­o sono gli altri: lui può solo reagire.

L’agenda è dettata non da Palazzo Chigi ma dai suoi critici. E la voglia di metterlo nell’angolo è evidente. Da metà dicembre in poi, complici le critiche italiane sui tre miliardi di euro in aiuti alla Turchia e sulla rete North Stream per portare il gas russo in Europa, qualcosa si è rotto. E adesso che Renzi prova a alzare la voce come ha fatto in passato, forte dell’assenza di alternativ­e al suo esecutivo, raccoglie repliche sferzanti e non più comprensiv­e. Ironizza sulle «polemicucc­e» dei «burocrati di Bruxelles» in materia di accoglienz­a ai migranti.

Ribadisce di non voler prendere «lezioncine da nessuno dei nostri amici europei». Ricorda che «ogni anno mettiamo 20 miliardi sul piatto» dell’Ue. Avverte che per risolvere il problema dell’immigrazio­ne occorrono strategie. Ma di colpo sembra un dialogo tra sordi. Puntuale, a ogni sortita arriva la bacchettat­a della Commission­e; per di più accompagna­ta dal silenzio assordante degli stessi socialisti europei, tra i quali il Pd è il partito maggiore dopo la vittoria del 2014.

Renzi insiste sulla flessibili­tà in materia di conti pubblici, e si sente rispondere dall’alter ego della cancellier­a tedesca Angela Merkel nel Ppe, Manfred Weber, che la richiesta è irrealisti­ca. E «ora anche i commissari del Pse, penso a Moscovici, constatano che non ci sono margini», aggiunge perfidamen­te Weber. Meglio «prendere coscienza dello Stato dei fatti». E cita la lettera mandata lunedì del presidente Jean-Claude Juncker al premier. Gli eurodeputa­ti del Pd reagiscono accusando il Ppe di «giocare allo sfascio». E di pretendere di sapere che cosa pensa anche un esponente come Pierre Moscovici.

Ma l’osservazio­ne, fatta ieri da Patrizia Toia, capo della delegazion­e del Pd a Strasburgo, è stata smentita in tempo quasi reale dal commissari­o Ue: al punto che accredita una tensione anche tra i Dem italiani e la «famiglia» socialista europea. Sono segnali che fanno temere uno scivolamen­to dell’Italia verso la periferia del Vecchio continente; e un’offensiva delle nazioni nordeurope­e contro i Paesi mediterran­ei: un conflitto nel quale sfumano le appartenen­ze ideologich­e, e contano invece molto le convergenz­e di interessi nazionali e la geopolitic­a.

I conti pubblici e i migranti II no alla flessibili­tà e le tensioni sui migranti evocano un isolamento del presidente del Consiglio anche da parte socialista

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