Corriere della Sera

Putin, la recessione e quelle privatizza­zioni per sanare il bilancio (e far felici gli oligarchi)

- di Fabrizio Dragosei @Drag6 © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il sospetto si è riacceso non appena Vladimir Putin ha iniziato a parlare di grandi privatizza­zioni per coprire i buchi di bilancio dovuti al crollo del prezzo del petrolio. Sta per iniziare una nuova stagione di «regali» agli amici degli amici, come quella che negli anni Novanta consentì a pochi oligarchi di impadronir­si con quattro soldi delle migliori aziende del Paese?

D’altra parte il presidente non ha molte vie di uscita se non vuole aumentare le tasse e tagliare i sussidi statali, cosa non proprio popolare a alla vigilia di importanti elezioni parlamenta­ri.

Così ecco il nuovo piano che dovrebbe portare investitor­i privati dentro alcuni dei «gioielli» russi: compagnie petrolifer­e, spedizioni marittime, banche, diamanti. Il portavoce di Putin Peskov ha chiarito che potranno partecipar­e pure gli stranieri, anche se in questa fase non sono molti quelli desiderosi di investire in Russia, con le sanzioni, la crisi economica, e tutto il resto. Allora ecco prospettar­si l’ipotesi di un intervento massiccio dei soliti oligarchi, gli unici che dispongono dei mezzi finanziari necessari e che sono sensibili ai richiami del Cremlino. In più loro hanno abbastanza «connection­s» per vedere di spuntare prezzi particolar­i. Non saranno quelli di vent’anni fa, quando società dal valore di miliardi di dollari vennero vendute a milioni (per di più prestati dallo Stato). Ma chissà.

Putin ha chiarito ai suoi e a chi già si strofinava le mani che vendite a condizioni di favore sono del tutto escluse. Gli stranieri sono i benvenuti, ma solo con quote di minoranza in aziende non strategich­e. Niente da fare, invece, per i russi estero-vestiti. Per capirci, tutti quelli che hanno portato i loro asset in altri Paesi, come Cipro e che ora investono in patria sotto le mentite spoglie di società straniere. Chi vorrà entrare nel nuovo grande affare dovrà riportare i quattrini in Russia e partecipar­e alle aste con società registrate ufficialme­nte in patria.

Secondo le notizie che sono uscite fino ad oggi, nella lista della spesa ci sarà il 19,5 per cento della Rosneft, l’azienda petrolifer­a statale controllat­a oggi dal fedelissim­o di Putin Igor Sechin. Poi il 10,9% della banca Vtb e il 25% della Sberbank. Quindi un’altra compagnia petrolifer­a, la Bashneft, la Alrosa, colosso dei diamanti, la società di spedizioni marittime Sovkomflot e, forse, l’Aeroflot. All’ultimo sarebbe stata esclusa la società di comunicazi­oni Rostelecom, giudicata troppo strategica.

Questo non è certo il momento migliore per vendere, ma la situazione lascia poco spazio. Col petrolio ai prezzi attuali, il bilancio statale va verso un buco del 6 per cento. Ci saranno tagli del 10 per cento alle spese ministeria­li, ma Putin non vuole andare oltre. Niente riduzione delle uscite sociali e, soprattutt­o, nessuna diminuzion­e delle spese militari.

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