Corriere della Sera

Gli ex Br alla Scuola dei magistrati e l’ira della figlia del giudice Galli

Faranda e Bonisoli invitati a un incontro sulla giustizia riparativa. Il dissenso del Csm

- Giovanni Bianconi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Due nomi ingombrant­i inseriti in un seminario di studio della Scuola superiore della magistratu­ra; due ex brigatisti rossi (dissociati dalla lotta armata da oltre trent’anni) chiamati a discutere del loro percorso di «giustizia riparativa» intrapreso con alcuni familiari delle vittime del terrorismo; e quei familiari invitati anch’essi, per illustrare la loro esperienze di dialogo con i carnefici. A un lato del tavolo sono stati chiamati Franco Bonisoli, componente del commando che il 16 marzo ‘78 rapì Aldo Moro trucidando i 5 agenti di scorta, e Adriana Faranda, la «postina» che distribuiv­a i comunicati brigatisti durante il sequestro; all’altro Agnese Moro, figlia del leader dc assassinat­o dalle Br, con Sabina Rossa, figlia dell’operaio ucciso a Genova nel ‘79, e Manlio Milani, marito di Livia, saltata in aria nella strage di Brescia nel ‘74.

Un incontro di carattere «scientific­o», coordinato dal criminolog­o Adolfo Ceretti programmat­o per domani, riservato a una platea di giudici e pubblici ministeri. Ma appena l’appuntamen­to è stato pubblicizz­ato su una mailing list dedicata al confronto tra le toghe d’Italia, s’è aperto un dibattito serrato, e a tratti polemico, sull’opportunit­à o meno di invitare due ex protagonis­ti di quella stagione di piombo e di sangue (anche di molti magistrati) in un luogo — la Scuola di Scandicci, alle porte di Firenze — che ha pure un valore simbolico. Finché è arrivato il messaggio di Alessandra Galli, figlia di Guido, giudice ammazzato dai terroristi di Prima linea a Milano, nel 1980. «Sono sinceramen­te sconcertat­a — ha scritto —. Il dialogo in una sede istituzion­ale con chi ha ucciso per sovvertire lo Stato e la Costituzio­ne alla quale noi, come magistrati, abbiamo giurato fedeltà, è inaccettab­ile». Anche perché ci sono vittime (non invitate) che «hanno un approccio diverso al problema: io, per esempio, e altri orfani di magistrati uccisi. Sono più che amareggiat­a». Niente da dire sull’argomento scelto, aggiunge al Corriere la giudice Galli per chiarire il suo pensiero, «né sul diritto di chiunque a raccontare ciò che pensa o ciò che fa. Ma se si sceglie di affrontare l’argomento della giustizia riparativa si può partire da altri esempi o esperienze, senza necessaria­mente inserirlo in un contesto, il terrorismo, dal contorno storico che ancora si fa fatica a definire. E di cui molti colleghi sanno poco o nulla, magari anche per responsabi­lità della Scuola». Di qui l’idea che l’incontro con gli ex terroristi sia addirittur­a «offensivo».

Prima dell’intervento di Alessandra Galli altri suoi colleghi — dal procurator­e di Torino Armando Spataro al pubblico ministero palermitan­o Gery Ferrara, che ha provocator­iamente suggerito di invitare il killer di Capaci, Giovanni Brusca, al prossimo convegno sulla mafia, all’ex capo dell’Amministra­zione penitenzia­ria Giovanni Tamburino — si erano dichiarati perplessi e contrariat­i; per la scelta, ma soprattutt­o per il luogo. E dopo, i messaggi di solidariet­à si sono moltiplica­ti. Fino al dissenso espresso dal comitato di presidenza del Csm (il vicepresid­ente Giovanni Legnini, il primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio e il pg Pasquale Ciccolo) che chiede di «rivalutare l’opportunit­à di tale scelta».

Altri però hanno continuato a difendere non una lezione sul terrorismo impartita da un paio di «ex», bensì l’approfondi­mento di un dialogo tra colpevoli e vittime della lotta armata unico nel suo genere, costruito lungo un faticoso cammino, tenuto riservato per anni e svelato solo di recente in un volume intitolato Il libro dell’incontro. Tra i «garanti» di quell’operazione di «giustizia riparativa» (il tentativo di intessere rapporti umani che aiutino a capire ciò che è accaduto, al di là delle sentenze) c’era Valerio Onida, già presidente della Consulta e direttore della Scuola della magistratu­ra fino a pochi mesi fa; in quella veste ha promosso il seminario. «Lungi da me polemizzar­e con Alessandra Galli — dice ora —, ma dov’è lo scandalo? O si pensa che la Scuola debba essere un sancta santorum, un tabernacol­o che non può essere profanato dalla presenza di certe persone? La Scuola è una sede dove si fa cultura, e la sua attività deve servire a promuovere ciò che meglio serve al lavoro dei magistrati di oggi e domani».

Forse il punto è proprio questo: per la giudice Galli e chi la pensa come lei, «il meglio» che serve alle toghe non è quella particolar­e esperienza di dialogo diretto vittime-colpevoli del terrorismo. Questione di punti di vista, come spesso accade; ma anche di ferite profonde inferte nei cosiddetti «anni di piombo», che continuano a sanguinare, nonostante i tentativi di curarle. Con metodi diversi.

 ?? (foto Ap) ?? Marzo 1978 Il luogo dell’agguato all’allora presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro: alle 9.03 del 16 marzo 1978, in via Fani a Roma, un commando delle Brigate rosse rapisce Moro e uccide i cinque uomini della scorta. Del gruppo di terroristi...
(foto Ap) Marzo 1978 Il luogo dell’agguato all’allora presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro: alle 9.03 del 16 marzo 1978, in via Fani a Roma, un commando delle Brigate rosse rapisce Moro e uccide i cinque uomini della scorta. Del gruppo di terroristi...

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