LA RICERCA IN ORA IN FASE DI RILANCIO
AGRICOLTURA
Caro direttore, «l’inserimento nella legge di Stabilità di 21 milioni di euro a sostegno di un piano triennale per rilanciare il miglioramento genetico in agricoltura è una chiara indicazione che finalmente le biotecnologie troveranno uno spazio anche in questo Paese. Dopo decenni di impasse, si riconsegna dignità a un settore di ricerca finora, nonostante le potenzialità e le competenze espresse dai nostri ricercatori, bistrattata se non osteggiata. Vediamo con favore questa apertura a sostegno della ricerca pubblica in agricoltura ed auspichiamo che questo sia il primo passo di una strada che porti a un dialogo sulle biotecnologie agrarie capace di andare oltre le sigle e abbandonare le barricate ideologiche».
Sono queste le parole d’apertura della lettera dell’Associazione nazionale biotecnologi italiani a seguito dell’approvazione del nostro piano per la ricerca sostenibile in agricoltura. Parto da qui per rispondere volentieri alle sollecitazioni di Paolo Mieli che ha voluto porre con forza il tema della ricerca affrontando la questione Ogm.Non siamo all’anno zero e non abbiamo la testa rivolta al passato. Con il piano abbiamo scelto di focalizzare i nostri sforzi su due tecniche di ricerca avanzate come il genome editing e la cisgenesi. Tecnologie differenti dalla vecchia transgenesi, nettamente più sostenibili in contesti assai delicati come i nostri. Non si tratta di differenze di poco conto. Queste tecniche infatti non comportano l’inserimento nella pianta di Dna di specie diverse e consentono di realizzare cambiamenti mirati più precisi e affidabili. Dare futuro alla nostra agricoltura passa anche da qui, dal miglioramento genetico per avere coltivazioni più sostenibili, capaci di adattarsi al cambiamento climatico ed essere più resistenti anche alle malattie. Come ci chiedono anche tante aziende agricole, abbiamo deciso di supportare gli studi su piante fondamentali per il nostro modello agricolo come la vite, l’olivo, il melo o il pesco. Su alcune di queste piante siamo stati protagonisti del sequenziamento del genoma, come nel caso della vite e del frumento, su altre iniziamo ora un lavoro più sistematico. Sull’inquadramento giuridico europeo delle nuove tecniche rivendico il ruolo dell’Italia: proprio noi stiamo conducendo un confronto serrato perché Bruxelles classifichi finalmente queste tecnologie diversamente dai vecchi Ogm transgenici. La scienza lo ha già fatto tempo fa, visto che il Consiglio Consultivo per la Scienza delle Accademie europee (Easac) ha stabilito che queste tecniche non rientrerebbero nell’attuale normativa degli Ogm. Segnalo che Italia e Olanda oggi sono i due Paesi che più di tutti stanno ponendo la questione a livello comunitario. Anche qui, come si vede, non siamo fermi.
Spesso i nostri ricercatori, prima che impedimenti di legge nella sperimentazione, non hanno avuto nemmeno le risorse per lavorare in laboratorio. Il piano colma questo deficit con l’ambizione di prepararci ai futuri scenari nei quali saranno proprio queste tecnologie le frontiere più avanzate nel rapporto tra tutela della biodiversità e sviluppo della ricerca pubblica. Certo, molto lavoro rimane da fare, ma siamo pronti a supportare i nostri ricercatori con azioni concrete e di prospettiva. Collochiamo i nostri sforzi sulla frontiera più avanzata delle tecniche di ricerca, sapendo che per fortuna la scienza ha affinato le proprie attività e ragionare oggi dei vecchi organismi transgenici degli anni 90 è un errore. Ci convince di più insistere tenacemente per rafforzare una via italiana alla ricerca pubblica in campo agricolo e non riprendere un dibattito che ha già frenato troppo il nostro Paese nella sua capacità di avanzare su questo fronte decisivo.
Ministro delle Politiche agricole