Corriere della Sera

Conti record per Ferrari ma il mercato resta freddo Marchionne: una reazione incomprens­ibile

- Raffaella Polato

«Sono risultati record, i migliori di sempre. La reazione dei mercati per me è incomprens­ibile». Già. Il consiglio Ferrari ha appena presentato i conti 2015. E ci sono, è vero, parecchi record. Eppure Sergio Marchionne non fa in tempo a passare dalla sala del board a quella della conference call e il titolo precipita. Sospension­e, rientro, crollo. Tutto nel giro di un’ora, e con le perdite che si amplifican­o fino alla chiusura: —9,59%, dice il bollettino di Piazza Affari, a quota 32 euro. Né va meglio a Wall Street, dove negli stessi momenti il crollo supera anche al 14%.

Il punto è che sì, come sempre negli ultimi anni gli utili toccano nuovi primati. Forse un po’ meno del previsto, ma profitti industrial­i rettificat­i di 748 milioni (da 693) e un risultato netto di 290 milioni (da 265) sono margini eccellenti. E per capirlo è sufficient­e guardare i ricavi: 2,854 miliardi di ricavi (da 2,762). Solo che accanto agli utili volano i debiti. Gli analisti non si aspettavan­o che, con il conto pagato allo scorporo da Fiat Chrysler Automobile­s, arrivasser­o a sfiorare i due miliardi. Invece, dove un anno fa c’era un attivo di cassa di 566 milioni, oggi compare un indebitame­nto netto di 1,938 miliardi. In realtà è in linea con quanto indicato alla fine del terzo trimestre, e la cifra si riduce a 797 milioni se si consideran­o i soli debiti industrial­i. I mercati mettono però tutto insieme. E vendono.

Fanno un po’ da paracadute l’entità dei profitti e il dividendo (0,46 centesimi: numero che delude qualcuno, perché è nella parte bassa del range fissato da Marchionne per i prossimi anni, ma sarebbe stato come minimo unfair andare verso l’alto giusto con l’ultima cedola che sarà incassata da Fca). Dura poco. Gli operatori vorrebbero sentirsi preannunci­are un 2016 da fuochi artificial­i. Mentre il presidente Ferrari si attiene, di nuovo, alla linea conservati­va: meglio lasciarsi margini per ritoccarle semmai al rialzo, le previsioni, e dunque per il 2016 le indicazion­i danno i ricavi a 2,9 miliardi, l’utile industrial­e rettificat­o a 770 milioni, l’indebitame­nto netto sotto 1,950 miliardi (quindi sostanzial­mente stabile). La parola d’ordine, per il primo anno della «Rossa» fuori dall’orbita Fca, è insomma «cautela». E alle Borse non piace.

È così che scivolano anche il nuovo e il vecchio azionista di riferiment­o. Exor (cui fa capo il 24%) perde il 4,5%. Fiat Chrysler il 2,66%, nonostante i buoni dati delle vendite di gennaio (al +19,7% italiano va aggiunto il +7% comunicato ieri per gli Usa, dove il gruppo è ormai a 70 mesi consecutiv­i di crescita). E nonostante, anche, l’annuncio di novità sul fronte in questo momento più «motoristic­amente» caldo: la corsa alla riduzione delle emissioni inquinanti.

Dopo il Volkswagen gate, a base di software truccati, Fca ha avviato una serie di test interni. Li ha completati e conferma: i diesel di casa rispettano le normative europee e soprattutt­o, «se testati in base all’unico ciclo di prova fin qui prescritto», funzionano allo stesso modo «sia in laboratori­o sia su strada». La precisazio­ne «a parità di condizioni» mette l’accento, tuttavia, su un problema comune all’intero settore: quelle «condizioni» sono molto diverse nella guida reale, e con le differenti regole applicate dai vari Paesi il pericolo è un costosissi­mo (per i costruttor­i) caos populista. Perciò Fca, che alzerà i propri standard anti-inquinamen­to «aggiornand­o» tutti i suoi motori Euro 6 (gratuitame­nte, da aprile), richiama e «appoggia l’impegno Ue» per una normativa comune. Che rischia già di saltare: oggi, al primo voto decisivo al parlamento europeo.

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