Il «re» mondiale dei gestori: «Basta con il breve termine»
La lettera di Fink (BlackRock): no all’isteria dei conti trimestrali
Forse non è semplicemente la tipica lettera che si scrive quando nell’aria si diffonde l’odore della recessione. Ma da ogni sua parola traspaiono i timori per gli squilibri delle imprese quotate a Wall Street, che stendono un’ombra sul futuro della ripresa americana.
Questa settimana Lawrence Fink, presidente e amministratore delegato di BlackRock, ha ripetuto un rituale al quale torna ogni anno: ha scritto agli amministratori delegati delle società quotate nelle quali la sua società ha investito. Nel caso di BlackRock sono migliaia, sono fra le più grandi e sono in quasi tutto il mondo. Per conto della clientela il gruppo gestisce attivi per 4.600 miliardi di dollari ed è da tempo il più protagonista più influente sui mercati globali. In molti Paesi, fra i quali l’Italia, BlackRock è il primo o fra i primissimi azionisti delle aziende quotate: oltre venti blue chip di Piazza Affari hanno il gruppo guidato da Larry Fink fra i grandi soci. Ha il 5% circa di Ubi, Bpm, Banco Popolare, o Unicredit, e il 5% di Atlantia.
Ma per tutti gli amministratori delegati, in Italia, negli Stati Uniti o altrove, Larry Fink ha un solo messaggio: devono abbandonare «l’isteria degli utili trimestrali» che troppo spesso domina le loro scelte, e concentrarsi sulle strategie di lungo periodo. Con ancora più urgenza, Fink incoraggia i manager e i consigli di amministrazione a disfarsi di un aspetto preciso della loro cultura: l’eccesso di dividendi in proporzione agli investimenti e - negli Stati Uniti - lo smodato riacquisto di azioni in modo da farne salire artificialmente il prezzo almeno per un po’. «I dividendi pagati dalle aziende dello S&P 500 nel 2015 sono arrivati alla proporzione più elevata degli utili dal 2009», denuncia Fink. Eccessi simili, secondo BlackRock, sono diffusi anche in Europa.
Negli Stati Uniti si nota poi sempre di più un’altra distorsione: «Al terzo trimestre del 2015, i riacquisti di azioni sono cresciuti del 27%», rispetto a un anno fa. L’obiettivo, comprensibile, è restituire cassa agli azionisti. Ma Fink avverte: non deve accadere «a spese degli investimenti che creano valore » . Sembra sia invece esattamente ciò che sta avvenendo, a uno stadio sempre meno convincente della ripresa americana. La crescita degli investimenti privati ristagna al 2%, sotto i livelli del 2012. Nel frattempo i gruppi del settore tecnologico o dei beni di consumo nell’ultimo anno sono arrivati a spendere il 7% del loro valore di Borsa in riacquisto di azioni, secondo stime di Rbs. L’offerta di titoli si riduce, le quotazioni hanno un rimbalzo effimero, ma le prospettive industriali sono più povere. Bloomberg e Rbs stimano che la cassa delle società quotate americane sia scesa nell’ultimo anno, mentre l’indebitamento sale: molti hanno contratto prestiti per ricomprare titoli e premiare così l’ingordigia degli azionisti, oltre che degli stessi manager pagati attraverso bonus legati all’andamento a Wall Street.
BlackRock chiede un cambio di rotta. «Ciò di cui hanno bisogno gli investitori - avverte Fink - è una prospettiva sul futuro». I manager e i consigli di amministrazione devono fare chiarezza su un gran numero di fronti: «Come l’azienda sta navigando nel panorama della concorrenza, come innova, come si sta adattando alle sfide della rivoluzione tecnologica o agli eventi geopolitici, dove sta investendo e sviluppando i suoi talenti ». Soprattutto ,« dovrebbero lavorare per sviluppare parametri finanziari che sostengano una cornice di crescita dilungo periodo ». BlackRock propone che i manager siano in parte pagati in base a questi valori: in Italia, sarebbe un’autentica rivoluzione.