Privacy e datagate intesa Europa-Usa
Tutto era cominciato con un giovane studente austriaco che aveva chiesto di bloccare il trasferimento dei propri dati personali nei server statunitensi di Facebook, contestando la sicurezza americana dopo lo scandalo del «datagate», la sorveglianza globale scoperchiata da Snowden. La Corte di Giustizia Ue, interpellata perché è l’unico organo che può dichiarare invalido un atto dell’Unione, in ottobre ha dichiarato illegale il regime «Safe Harbour» (approdo sicuro), l’accordo tra Ue e Usa che per quindici anni ha consentito alle aziende americane di spostare i dati personali degli utenti europei sui server americani. Si è creata così un’incertezza in un ambito dal quale dipendono migliaia di aziende che trasferiscono dati da una sponda all’altra dell’Atlantico, a cominciare da Google e Apple. Da quel momento è partito un negoziato per raggiungere un nuovo accordo, considerato che la privacy è un diritto riconosciuto in modo diverso in Europa e negli Usa. E soprattutto tenuto conto dei requisiti indicati dalla Corte di Giustizia Ue. Ieri è stata raggiunta una nuova intesa: la Commissione Ue ha garantito che «proteggerà i diritti fondamentali degli europei quando i loro dati saranno trasferiti negli Stati Uniti e assicurerà certezza legale al business». L’impegno degli Stati Uniti è stato rafforzato anche da una lettera del direttore dell’Intelligence nazionale Usa, in cui si impegna a evitare «una sorveglianza di massa indiscriminata» dei cittadini Ue quando le loro informazioni saranno trasferite dall’Europa agli Usa. L’accesso delle autorità pubbliche statunitensi per il rispetto della legge e della sicurezza nazionale sarà soggetto a chiari limiti e meccanismi di salvaguardia e di controllo esterno, e queste eccezioni saranno usate solo «quanto necessario» e saranno «proporzionate». Per controllare il rispetto delle regole ogni anno ci sarà una verifica congiunta che includerà anche il capitolo dell’accesso di sicurezza nazionale. Gli attivisti della privacy restano critici e non escludono il rischio di un nuovo intervento della Corte di Giustizia Ue. Per la commissaria alla Giustizia, Vera Jourova, «è un passo unico che gli Usa hanno compiuto per poter ripristinare la fiducia». Ed eliminare l’incertezza è anche un passo per favorire la crescita.