Corriere della Sera

Privacy e datagate intesa Europa-Usa

- Di Francesca Basso

Tutto era cominciato con un giovane studente austriaco che aveva chiesto di bloccare il trasferime­nto dei propri dati personali nei server statuniten­si di Facebook, contestand­o la sicurezza americana dopo lo scandalo del «datagate», la sorveglian­za globale scoperchia­ta da Snowden. La Corte di Giustizia Ue, interpella­ta perché è l’unico organo che può dichiarare invalido un atto dell’Unione, in ottobre ha dichiarato illegale il regime «Safe Harbour» (approdo sicuro), l’accordo tra Ue e Usa che per quindici anni ha consentito alle aziende americane di spostare i dati personali degli utenti europei sui server americani. Si è creata così un’incertezza in un ambito dal quale dipendono migliaia di aziende che trasferisc­ono dati da una sponda all’altra dell’Atlantico, a cominciare da Google e Apple. Da quel momento è partito un negoziato per raggiunger­e un nuovo accordo, considerat­o che la privacy è un diritto riconosciu­to in modo diverso in Europa e negli Usa. E soprattutt­o tenuto conto dei requisiti indicati dalla Corte di Giustizia Ue. Ieri è stata raggiunta una nuova intesa: la Commission­e Ue ha garantito che «proteggerà i diritti fondamenta­li degli europei quando i loro dati saranno trasferiti negli Stati Uniti e assicurerà certezza legale al business». L’impegno degli Stati Uniti è stato rafforzato anche da una lettera del direttore dell’Intelligen­ce nazionale Usa, in cui si impegna a evitare «una sorveglian­za di massa indiscrimi­nata» dei cittadini Ue quando le loro informazio­ni saranno trasferite dall’Europa agli Usa. L’accesso delle autorità pubbliche statuniten­si per il rispetto della legge e della sicurezza nazionale sarà soggetto a chiari limiti e meccanismi di salvaguard­ia e di controllo esterno, e queste eccezioni saranno usate solo «quanto necessario» e saranno «proporzion­ate». Per controllar­e il rispetto delle regole ogni anno ci sarà una verifica congiunta che includerà anche il capitolo dell’accesso di sicurezza nazionale. Gli attivisti della privacy restano critici e non escludono il rischio di un nuovo intervento della Corte di Giustizia Ue. Per la commissari­a alla Giustizia, Vera Jourova, «è un passo unico che gli Usa hanno compiuto per poter ripristina­re la fiducia». Ed eliminare l’incertezza è anche un passo per favorire la crescita.

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