Il ritorno del Btp a 30 anni. E raccoglie 9 miliardi
( m. sab.) Si riaffacciano sul mercato del reddito fisso le emissioni a lunghissimo termine. Ieri il ministero dell’Economia ha lanciato la prima tranche del nuovo Btp trentennale. Il titolo ha scadenza 1 marzo 2047, godimento 9 febbraio 2016 e offre un tasso annuo del 2,70%, pagato in cedole semestrali. Il regolamento dell’operazione è fissato per il 9 febbraio. L’importo emesso è stato pari a 9 miliardi di euro. Il titolo è stato collocato al prezzo di 99,182 corrispondente ad un rendimento lordo annuo all’emissione del 2,758%. Il collocamento, si legge in una nota del ministero, è stato effettuato mediante sindacato, costituito da cinque lead manager, Deutsche Bank, Goldman Sachs Int. Bank, Hsbc France, JP Morgan Securities, Mps Capital Services Banca per le Imprese e dai restanti Specialisti in titoli di Stato italiani in qualità di co-lead manager. all’integrativo monstre (oltre cento pagine) di Finmeccanica firmato ieri mattina dopo una maratona negoziale di 36 ore. D’altra parte la «one company» guidata da Mauro Moretti ( foto) ha esordito a gennaio, i dipendenti sono 28 mila e l’armonizzazione dei singoli integrativi delle aziende del gruppo non era cosa semplice. Ora c’è tempo fino al 10 marzo per la consultazione dei lavoratori. Le principali novità: taglio dei permessi sindacali (del 15%), ridisegno del sistema di welfare di gruppo entro il 2016, strutturazione omogenea della busta paga nelle diverse aziende. Poi introduzione della cosiddetta «staffetta generazionale» grazie anche alle norme e ai fondi della legge di Stabilità 2016. Formazione come diritto soggettivo con un pacchetto di 16 ore per il sesto livello e 32 per il settimo livello. E introduzione dello smartwork. Ma quello che colpisce di più è proprio il premio di anzianità. Una misura controcorrente: la maggioranza delle imprese sta cercando di ridurre gli aumenti automatici per legarli a produttività e mansioni.
Tenaris, doppio contenzioso in Italia e Venezuela
( f.mas.) Doppio contenzioso per Tenaris con due Stati nei quali il colosso dell’acciaio è fortemente radicato come l’Italia e il Venezuela. E con andamenti totalmente divergenti: in Italia è stato condannato in primo grado a pagare 220 milioni di euro al Fisco, in Venezuela si vede riconoscere un maxi risarcimento da 172,8 milioni di dollari per l’esproprio della controllata locale, Matesi. Il doppio contenzioso è stato reso noto ieri dal gruppo siderurgico controllato dalla famiglia Rocca con una nota. In particolare la commissione tributaria di Milano ha respinto il ricorso presentato da Dalmine contro un accertamento dell’Agenzia delle Entrate relativo a omesse imposte nei pagamenti dei dividendi effettuati nel 2008. Dalmine ha già fatto sapere che farà appello e chiederà la sospensione della sentenza. La questione è controversa: su un’analoga contestazione relativa al 2007 i giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione a Dalmine (il caso è ora pendente in Cassazione).