Corriere della Sera

IMMUTABILI­TÀ DEL CORANO UNA LEGGENDA STORICA

- Orlando Bergonzi g9u125@libero.it

Forse fino ad oggi il quesito sull’integrazio­ne è stato posto in maniera sbagliata. Poiché come tutti sanno, il Corano è l’Islam e l’Islam è il Corano. La domanda dovrebbe essere questa: il Corano si può integrare nella cultura occidental­e? Se l’islamico non può discostars­i dal Corano, come può assimilars­i nelle culture occidental­i? Il soggetto dell’indagine non è l’Islam o l’islamico ma direttamen­te il Corano. Perché, ove non fosse possibile far accettare al Corano la cultura di questo territorio occidental­e, allora la presenza di masse coraniche in Italia e in tutto l’Occidente, non è immigrazio­ne ma invasione come è sempre avvenuto.

Caro Bergonzi,

Se lei avesse visitato il Cairo o Bagdad negli anni immediatam­ente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale, avrebbe constatato che la maggioranz­a delle donne, soprattutt­o nei quartieri centrali della città, non era velata. I muezzin invitavano i fedeli alla preghiera, il Ramadan veniva scrupolosa­mente osservato dalla quasi totalità della cittadinan­za musulmana e il pellegrina­ggio alla Mecca era sempre l’appuntamen­to spirituale che avrebbe completato l’esistenza del credente. I governi, tuttavia, sapevano che la soluzione dei loro problemi politici e sociali non era nel Corano. Era nella imitazione di ciò che era stato fatto in Europa nei decenni precedenti: istituzion­i laiche, consultazi­oni popolari, lotta all’analfabeti­smo, industrial­izzazione.

Il processo di secolarizz­azione dei Paesi musulmani era già visibile in Egitto durante il protettora­to britannico, ma era stato fortemente accelerato dalle riforme di Kemal Atatürk, il presidente turco che aveva abolito il velo e il fez. I partiti politici, sempre più numerosi, erano ispirati da quelli europei. Il partito Baath, una combinazio­ne di nazionalis­mo e socialismo che avrebbe avuto grande fortuna in Siria e in Iraq, era stato fondato da un cristiano siriano che aveva completato la sua formazione culturale a Parigi.

In tutta la regione, naturalmen­te, gli islamici di stretta osservanza cercavano di ostacolare la modernizza­zione dei loro Paesi e predicavan­o l’osservanza letterale di tutti i precetti coranici; ma i regimi laici reagirono duramente anche con misure di polizia. Il leader egiziano Gamal Abdel Nasser fece il suo hajj (pellegrina­ggio alla Mecca), ma non esitò a trattare la Fratellanz­a musulmana come un pericoloso avversario. Ancora più repressivo fu il presidente siriano Hafez Al Assad che nel 1982 non esitò a distrugger­e la roccaforte islamista di Hama.

Come vede, caro Bergonzi, il problema non è l’«immutabili­tà» del Corano, un testo pieno di contraddiz­ioni e soggetto come tutti i libri sacri a letture diverse. Il problema è comprender­e perché un islamismo bigotto sia riuscito a interrompe­re il processo di secolarizz­azione delle società medio-orientali. Scopriremo allora che le guerre dell’Occidente hanno considerev­olmente peggiorato la situazione e che i migranti non sono le pattuglie avanzate di un esercito invasore. Sono le vittime di una modernizza­zione tragicamen­te abortita.

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