L’eccesso di scuse nella lotta scudetto del cafonity-show
Eadesso vediamo cosa s’inventano per questa sera. Rispetto al campionato normale, il campionato pecoreccio è molto più imprevedibile. Per lo scudetto la lotta è ormai ridotta a due squadre, nel cafonity-show tutti partono alla pari e tutti possono diventare decisivi. Alvaro Vitali sarebbe fiero dei suoi ragazzi. Partenza con «froci» (Sarri), ripartenza con «zingaro di m» (De Rossi), colpo a sorpresa col dito medio (Mancini, il moralista). Come appare già teneramente obsoleto un bel gesto dell’ombrello all’italiana, fatto bene da Salvini. Ma pensare che sia davvero il caso di finirla è completamente inutile: non finirà. Per un motivo semplicissimo: i nostri artisti si sono dotati del più pratico paracadute. Porgono sentite scuse. Una volta, diciamo nel paleolitico in bianco e nero, con una sola telecamera, adottavano in automatico la tecnica di negare, meglio nota come la tecnica del marito canaglia (negare sempre, negare comunque). Era un gioco da ragazzi. Adesso non è più possibile: tutto rigorosamente documentato. Serve qualcosa di più evoluto. Qualcosa che attenui gli effetti della volgarità, qualcosa che addirittura umanizzi e renda amabili come cuccioloni i protagonisti del cafonityshow: da questo punto di vista, non c’è niente di meglio delle scuse. È la numero uno delle exit strategy. Da quando hanno sentito dire che non è da tutti chiedere scusa, i nostri miti ci marciano alla grande. Un tweet, una simpatica scenetta col Tapiro sotto l’ascella, un toccante editto ai tifosi: quelle che erano — e restano — vergognose sbroccate, candeggiate dalle sentite scuse diventano semplici momenti di comprensibile umanità. Sarri chiede scusa a Mancini e alla fine tengono tutti per lui. De Rossi chiede scusa per l’offesa a Mandzukic e consolida la sua immagine di fiero combattente. Mancini chiede scusa per il dito e si conferma quel caro ragazzo, sincero e schietto, che è sempre stato. Funziona. Il nuovo galateo è a prova di vergogna. Un comodo lasciapassare per qualunque nefandezza. Però, almeno, piantiamola di dire che chiedere scusa non è da tutti. Il nobile gesto sta diventando una svilita moda ruffiana, questa la verità. Si fa forte l’esigenza di qualcuno che non si scusi più, per correre ad abbracciarlo.