Oggi il via
La terza edizione del Dubai Tour, organizzato da Rcs Sport e dal Dubai Sport Council, parte oggi dal porto turistico della città degli Emirati Arabi, con una tappa di 179 chilometri attraverso il deserto che si conclude nell’emirato di Fujairah
Quattro sono le tappe previste, per 676 chilometri complessivi. Dopodomani sarà in programma l’unica frazione con difficoltà altimetriche, che si concluderà sulla Salita di Hatta Dam
Sono 124 i corridori al via e tra questi ventuno sono gli italiani: tra loro i velocisti Viviani, Nizzolo e Modolo, il 45enne Rebellin, Giovanni Visconti e Ivan Santaromita
Sedici le squadre iscritte: tra queste l’italiana Lampre Merida. Presenti anche la Skydive Dubai Procycling, dove corre l’ex campione italiano Santaromita, e l’altro team degli emirati, Al Nasr Pro
Due re degli sprint (Cavendish e Kittel), due fenomenali cacciatori di classiche (Cancellara e Gilbert), l’inarrivabile Bradley Wiggins. Aggiungiamo quattro attori che definire comprimari è offensivo (Viviani, Goss, Rui Costa, Toni Martin): ecco il cast del terzo Dubai Tour che comincia oggi con una frazione tra il deserto e i territori di quattro emirati. La sfida più importante è tra due velocisti che nel 2015 hanno brillato poco (Cavendish) o nulla (Kittel). Entrambi — tre tappe piatte su quattro — devono cominciare bene la stagione per non deludere i nuovi team che si sono svenati per ingaggiarli: il tedesco è approdato alla Etixx, l’inglese (campione uscente) alla sudafricana Dimension Data. Se Philippe Gilbert punta alla salita di Hatta (terza tappa) per mettere le mani sulla corsa, Fabian Cancellara è a disposizione dello sprinter della Trek-Segafredo, Giacomo Nizzolo. Chi respinge ogni ambizione è Sir Bradley Wiggins che, con dieci ori olimpici e mondiali e un Tour nel palmares, nel 2016 punta tutto sull’inseguimento a squadre ai Giochi di Rio. «Su strada — spiega il primatista dell’Ora — gareggerò pochissimo. A Dubai
Serata di gala La presentazione del Dubai Tour (Getty Images)
voglio sostenere i ragazzi del team che porta il mio nome. Col ciclismo non chiuderò ai Giochi olimpici, ma alla Sei Giorni di Gand: la corsa di mio padre Gary nella città dove sono nato. Giusto finire così». Ed è stato Wiggins ad accendere la vigilia parlando del primo caso di «doping motorizzato» nel ciclismo, scoperto sabato scorso ai Mondiali di ciclocross, dove è stata fermata con un propulsore nascosto la belga Van Den Driescche. Wiggins: «Conosco l’argomento: a me dopo il record dell’Ora la federazione ha fatto a pezzi la bici cercando il trucchetto. Sono cinque anni che si sospetta l’uso dei motori e si fanno controlli. Quello trovato in Belgio è il primo, ma io sono certo che tra noi professionisti qualcuno l’ha già usata. Merckx forse ha ragione: chi le usa merita la squalifica a vita. Ma a me interessa di più capire cosa c’è nel cervello di una ragazzina — la favorita di un Mondiale — che fa una scelta del genere. Un conto è doparsi, un altro mettere un motore nella bici. Posso capire la logica di chi fa doping ematico: rischi assumendo dei farmaci. Ma al motore non riesco a trovare una logica». Nessuna voglia di toccare l’argomento per Fabian Cancellara che fu — cinque anni fa — il primo accusato (sulla base di alcune accelerazioni al Giro della Fiandre e alla Roubaix che umiliarono gli avversari) di aver utilizzato un motore: «Sabato ero in vacanza con la famiglia e quindi non ho seguito la storia, anche perché non mi interessava. Aspetto dichiarazioni ufficiali, non ho idea se ci sia del vero o no, non so nulla dei controlli federali. Troppe speculazioni sul presente e sul passato». Alla domanda di un giornalista («Pensi che mettere un motore nella bici sia meglio o peggio che doparsi»?) lo svizzero ha replicato con lungo silenzio seguito un lapidario: «Se me lo chiedi ancora vado via. Voglio parlare di corse». Da oggi (tutte le tappe del Dubai Tour in differita su Raisport) si parlerà di corse.