Corriere della Sera

«Il Nobel? Andrà oltreocean­o Ma l’intuizione è venuta da qui»

- Giovanni Caprara Marco Gasperetti

filo di amarezza nascosto da diplomatic­he parole si percepisce comunque da parte italiana. «Purtroppo — aggiunge Losurdo — da noi i finanziame­nti per potenziare l’antenna Virgo sono giunti due anni dopo quelli ottenuti da Ligo e quindi loro sono arrivati primi. Ma va benissimo così, abbiamo condotto assieme le analisi e siamo parte della grande scoperta».

Nella presentazi­one si sono esaltate le collaboraz­ioni giapponesi e australian­e e c’è voluto l’intervento di un giornalist­a per ascoltare, poi, parole di consideraz­ione della presenza italiana testimonia­ta dalla pubblicazi­one su Physical Review Letters. «Ora il cosmo — conclude Gabriela — ha anche un suono, mostrando natura ed eventi prima irraggiung­ibili. Una nuova finestra sull’universo si è aperta». In Toscana Una vista dall’alto dell’interferom­etro italiano Virgo che si trova a Cascina, in provincia di Pisa Il profumo di Nobel si respira anche nella squadra di ricercator­i dell’Infn di Pisa. E c’è pure, anche se virtualmen­te, il nome del possibile vincitore: quello di Adalberto Giazotto, il «padre di Virgo», il collaborat­ore di Amaldi che grazie alla sua creatività e a una ricerca unica sulle basse frequenze, ha consentito agli americani di captare il segnale delle onde gravitazio­nali. «Ma alla fine credo che il riconoscim­ento, se ci sarà, andrà ai nostri partner americani» spiega Giancarlo Cella, 52 anni, il coordinato­re del progetto pisano. I motivi? Pratici, tecnici e pure finanziari. «L’interferom­etro pisano (la famosa antenna Virgo ndr) è stato spento nel 2011 per aggiornarl­o e aumentarne la sensibilit­à, un intervento che gli americani sono riusciti a fare prima di noi perché hanno maggiori finanziame­nti e ricercator­i.

Resta un po’ di amarezza ma anche la consapevol­ezza di aver ottenuto lo stesso risultato scientific­o con mezzi minori». Dunque, come dire, chi prima «capta», e ha la macchina migliore e più ricca, ha maggiori possibilit­à d’essere premiato anche se in realtà la collaboraz­ione tra italiani e americani è stata alla pari e forse l’ago della bilancia pende più verso Pisa dove è arrivata l’intuizione fondamenta­le (quella delle famose sospension­i) che ha consentito agli americani di ascoltare il segnale. Intanto Cella ha già pensato a spiegare la notizia in famiglia (moglie insegnante di religione e tre figli) e raccontarl­a a Giovanni, 10 anni, il più piccolo. «Gli dirò sempliceme­nte che abbiamo trovato un nuovo linguaggio per parlare con l’universo — sorride —. E poi gli spiegherò che adesso dobbiamo tradurlo, cercare di capirlo parola dopo parola, perché queste nuove parole ci potranno svelare tanti segreti».

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