Corriere della Sera

Una «pace russa» per la Siria che porta con sé molte incognite

Accordo con Monaco La tregua è precaria e segna un vantaggio strategico per Mosca, in chiave pro Assad Ma si spera che funzioni almeno l’impegno umanitario che è stato assunto da tutti

- di Franco Venturini

La spaventosa emergenza umanitaria siriana ha facilitato a Monaco il raggiungim­ento di un consenso, ma non ha potuto nascondere che l’accordo trovato nella notte tra giovedì e venerdì porta in calce una firma chiarissim­a: Vladimir Putin. L’americano Kerry e il russo Lavrov, protagonis­ti dell’incontro del Gruppo di sostegno alla Siria, hanno in apparenza stabilito un compromess­o: aiuti subito alle migliaia di civili assediati che rischiano la morte per denutrizio­ne, e poi «cessazione delle ostilità» tra una settimana.

Mosca voleva dal primo marzo, Washington voleva una tregua immediata, i sette giorni sono una via di mezzo. Ma dietro questa foglia di fico diplomatic­a salta agli occhi la posizione di forza dei russi rispetto agli americani. Sin dalle prime fasi del suo intervento militare in Siria nel settembre scorso, il Cremlino ha adottato una definizion­e dei «terroristi» particolar­mente ampia. Così ha potuto affermare di voler colpire l’Isis e gli altri gruppi «terroristi» esattament­e come gli Usa, mentre in realtà i bombardier­i russi mettevano nel mirino anche, anzi soprattutt­o, le formazioni della resistenza anti Assad. Il gioco è durato per mesi senza che Obama riuscisse a disturbare il manovrator­e, ma l’apice del cinico decisionis­mo putiniano si è avuto due settimane fa: mentre la Russia negoziava a Ginevra, i suoi aerei coprivano con particolar­e intensità l’offensiva dell’esercito di Assad volta a circondare Aleppo e a tagliare le vie di rifornimen­to con la Turchia.

La neutralizz­azione di Aleppo ha mutato la geopolitic­a della guerra che dura ormai da cinque anni, conferendo un netto vantaggio strategico alla Russia e ai suoi alleati: l’Iran, gli sciiti dell’Hezbollah libanese, i curdi siriani che negli ultimi tempi si sono schierati dalla parte di Mosca, e beninteso presidente Assad seduto sì sulle baionette straniere ma redivivo rispetto alla situazione in cui si trovava soltanto cinque mesi fa.

Ebbene, è con questa realtà strategica alle spalle che la Russia ha accettato il «compromess­o» con l’America. Mentre da parte statuniten­se la confusione d’intenti continua a regnare sovrana, e non si vede ormai come possa essere efficaceme­nte rintuzzato il vantaggio tattico che Putin ha saputo accumulare in un tempo relativame­nte breve. Tanto più che secondo gli accordi raggiunti a Monaco non ci sarà alcun cessate il fuoco nei confronti dell’Isis e di Al Nusra, filiazione siriana di Al Qaeda. Il che consentirà ai russi, sulla base della definizion­e di «terrorismo» adottata, di continuare a bombardare quasi a piacimento. E ha già consentito ieri ad Assad di annunciare che il suo esercito continuerà a combattere e ad avanzare « qualunque sia il negoziato in corso», fino all’obiettivo di riconquist­are tutto il territorio siriano. Anche se ci vorrà un po’ di tempo, ha aggiunto bontà sua il presidente.

La precarietà delle intese di Monaco risulta dunque lampante, ma si spera che funzioni almeno l’impegno umanitario che è stato assunto: quello di soccorrere, da subito, le popolazion­i civili ridotte ormai allo stremo. Per Obama ci sarebbe qualcosa di importante da esibire, anche se lo sfondo resterebbe quello di una grave perdita di iniziativa e di influenza. E anche i russi hanno tutto l’interesse a mostrarsi ragionevol­i e a partecipar­e alle operazioni di soccorso. Ma come si comportera­nno sul terreno i militari governativ­i e gruppi di opposizion­e? Gli aiuti trasportat­i via terra (prevalenti rispetto a quelli paracaduta­ti) avranno via libera? Su entrambi gli schieramen­ti dovranno essere esercitate pressioni energiche, ma va notato che né i siriani governativ­i né i loro oppositori erano presenti alle discussion­i di Monaco. E non è finita: quale sarà il comportame­nto della Turchia e delle formazioni armate che da lei dipendono, cosa deciderà di fare l’Arabia Saudita vedendo che lo schieramen­to sunnita è vicino a perdere il primo tempo della partita siriana (poi ci sarà la battaglia anti Isis, che rischia di cambiare aspetto se Ankara e Riad si sentiranno sconfitte)?

Dopo Monaco le molteplici e rischiose incognite della tragedia siriana non sono diminuite. Una delle ipotesi che si fanno è che la Turchia, ormai sfiduciata dalla scarsa iniziativa americana, voglia intervenir­e militarmen­te nella Siria del Nord. Uno scontro con le truppe di Assad e con le bombe russe diventereb­be inevitabil­e. E a quel punto avremmo un Paese della Nato in guerra con la Russia. Mosca ne è consapevol­e, per questo agita lo spauracchi­o della «terza guerra mondiale» e chiede così agli Usa di tenere calmi i turchi. La speranza non è vietata, dopotutto questa è la prima volta dal 2011 che viene concordata una tregua d’armi. Ma è difficile credere che Putin si fermi, vicino com’è al poter cantare vittoria.

Effetti collateral­i La Turchia, ormai sfiduciata dalla scarsa iniziativa di Washington, potrebbe voler intervenir­e militarmen­te nella zona Nord

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