Corriere della Sera

I timori del premier per quegli istituti da mettere al sicuro

Il dossier all’attenzione di Palazzo Chigi e la tenuta del sistema

- di Francesco Verderami

Da due anni in molti nel Palazzo cercavano « il tallone di Matteo» e ora ritengono di averlo trovato: le banche sono per il presidente del Consiglio il principale problema, un vero cruccio, e non soltanto per gli strascichi politici che il «caso Etruria » potrebbe provocare.

L’aspetto più importante e preoccupan­te è la tenuta del sistema creditizio italiano, se è vero che Renzi in questi giorni è tornato a esaminare insieme al sottosegre­tario Lotti il dossier che alimenta uno stato di ansia a Palazzo Chigi. Perché «altre dieci banche — ha rilevato il premier — stanno nelle stesse condizioni» in cui versavano i quattro istituti che hanno costretto il governo all’intervento di emergenza. Se così stanno le cose, resta da capire quanto potrebbero incidere questi nuovi casi, che poi è la domanda girata da Renzi ai suoi esperti. E la risposta in termini di costi non deve averlo sollevato, visto il sospiro che ha tirato: «Ma ce la caveremo», ha concluso.

Le banche sono «il tallone di Matteo», è sulle banche che si gioca per intero la sua credibilit­à. Basta ripercorre­re gli ultimi mesi infatti per vedere le avvisaglie di una tempesta perfetta: è a causa delle banche se è calato il gelo tra il governo e il governator­e; è a difesa della Banca che — caso unico finora — Mattarella si è esposto e si è schierato; c’entrano anche le banche nel rapporto altalenant­e sull’asse Roma-Francofort­e; è sulle banche che gli avversari politici del premier — fuori e dentro il Pd — stanno investendo, con un occhio interessat­o all’inchiesta giudiziari­a per il «caso Etruria» in cui è coinvolto il padre del ministro Boschi.

Quest’ultimo aspetto potrebbe rivelarsi persino marginale, qualora il sistema creditizio dovesse entrare in difficoltà: perché se alle sofferenze bancarie si unisse una nuova e imprevista fase recessiva, si allontaner­ebbe per Renzi l’obiettivo di accostarsi alle elezioni portando in dote al Paese la ripresa. E certo gli ultimi dati offerti dall’Istat non promettono bene, tanto da far ipotizzare al ministero dell’Economia un innalzamen­to del rapporto debito-Pil, magari non nella rilevazion­e della prossima settimana ma in quella successiva.

Immaginare però che il governo vada in default politico, è tutta un’altra storia. Non ha fondamento l’idea che Renzi possa essere sostituito a Palazzo Chigi senza passare dalle urne, che possa toccargli la stessa sorte di Berlusconi. Perché «il tallone di Matteo» sarà pure vulnerabil­e, ma la situazione è ben diversa. Non è dato sapere se sia stato lo stesso premier a far alimentare le voci sul suo eventuale disarciona­mento, così da portare allo scoperto i suoi avversari. È certo che in numerosi colloqui riservati proprio Renzi ha rimarcato l’impossibil­ità di essere interprete — suo malgrado — di un remake del film «2011».

Le differenze sono sostanzial­i. L’attuale governo italiano è più forte rispetto a quello di cinque anni fa, mentre è più debole il contesto europeo in cui maturò quella crisi: allora venne meno la maggioranz­a parlamenta­re, che oggi invece s’ingrossa quotidiana­mente; allora il Pd sembrava rappresent­are una vincente alternativ­a di governo, adesso non solo il centrodest­ra deve ancora trovare un assetto, persino il Movimento Cinquestel­le è in crisi, come dimostrano le epurazioni di massa. Insomma, se «il tallone di Matteo» è esposto, quello dei suoi avversari lo è ancor di più. Dunque non ci sono le condizioni per una crisi politica. Ci sono però i rischi di una crisi di sistema.

Ma proprio il nodo delle banche potrebbe rappresent­are per Renzi un’occasione di riscatto. Perché se sull’Italia pesa il fardello del debito, sulla Germania iniziano a pesare i bilanci degli istituti di credito, e dalle gravi difficoltà di Deutsche Bank il premier avrebbe modo di ottenere credito in Europa. Certo le battute non contano, ma ieri l’ironia con cui si commentava­no le traversie tedesche («ora ci offriranno di sospendere il bail in fino al 2050») facevano da cornice a riflession­i di governo più serie: «La crisi a Berlino potrebbe segnare una svolta nella crisi dell’Europa, e dare inizio a una riforma condivisa per superare difficoltà che investono i Paesi dell’Unione». A patto che Renzi non dimentichi di avere il «tallone» scoperto.

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