Corriere della Sera

L’occhio al Sud del mondo Geopolitic­a di un Pontefice

Wojtyla guardava a Est, Ratzinger a Ovest, ora Bergoglio punta sul Sud del mondo

- Di Luigi Accattoli

C’è una geopolitic­a di papa Bergoglio? Che ci dicono le sue iniziative per il disgelo tra Cuba e gli Usa, per portare in Vaticano Peres e Abu Mazen, per il superament­o del conflitto interno alla Colombia, per un accordo con la Cina, per il sorprenden­te incontro di ieri con Kirill a Cuba? Che idea caviamo dalla geografia dei suoi spostament­i sul pianeta?

Una prima approssima­zione la potrebbe fornire l’insistenza dei suoi viaggi sull’Asia e sull’America Latina: ora è in Messico, ha toccato due volte Cuba, è stato in Brasile, in Ecuador, in Bolivia e in Paraguay. In Asia ha visto la Corea del Sud, lo Sri Lanka e le Filippine, ha detto che andrebbe «anche domani» in Cina e che all’Asia si deve dedicare con particolar­e impegno stante la minima presenza cristiana in quel continente.

Il Papa venuto dall’Argentina guarda alle periferie mondiali, al Sud del mondo in generale e — da gesuita — con prioritari­a passione mira alla Cina. In altre parole: il Papa della «Chiesa in uscita» vorrebbe che l’uscita avesse a meta le popolazion­i più vaste e più lontane rispetto al centro romano della cattolicit­à.

Con analoga approssima­zione si potrebbe dire che Karol Wojtyla, Papa slavo, guardava in primis all’Europa centro-orientale, dov’è riuscito a visitare 9 volte la sua patria e dove — caduto l’impero sovietico — ha potuto vedere in ordine di tempo Cecoslovac­chia, Albania, Lituania, Lettonia, Estonia, Croazia, Slovenia, Berlino, Bosnia, Romania, Georgia, Ucraina, Kazakistan, Armenia, Azerbaigia­n, Bulgaria.

Il cuore di Benedetto batteva invece per l’Europa centroocci­dentale: nei suoi otto anni è tornato tre volte nella sua patria ed è riuscito a vedere — nell’ordine — Polonia, Spagna, Austria, Francia, Repubblica Ceca, Malta, Portogallo, Gran Bretagna, Croazia. Egli — che è stato definito provvisori­amente «l’ultimo Papa europeo» — era preoccupat­o per la crisi delle Chiese del Vecchio continente e si adoperava, come poteva, a risvegliar­le.

Ma in questi primi tre anni del Pontificat­o di Francesco c’è di più degli spostament­i sul pianeta per cogliere qualcosa della strategia che lo muove. La sua idea della Chiesa in uscita è un’idea missionari­a a tutto campo, che — nell’intenzione

— non sottostà a nessuna regola politica o ideologica e mira anzi a sovvertirl­e, o eluderle, per ottenere l’obiettivo di avviciname­nto a ogni umanità. Eccolo dunque che prende iniziative apparentem­ente impossibil­i, si muove con libertà, non pone condizioni formali o di prestigio. Si preoccupa — per usare il suo linguaggio — di «avviare processi» più che di acquisire «territori», cioè obiettivi. Stabilisce contatti, propone incontri. Si espone disarmato a ogni strumental­izzazione. È convinto che ostilità ed equivoci alla fine cadranno se il cammino avviato proseguirà.

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