«Difendiamo insieme i cristiani perseguitati nel Medio Oriente»
MOSCA «Certamente utile, viste le sfide che tutti i cristiani hanno davanti e non solo in Medio Oriente». Padre Vsevolod Chaplin, 47 anni, che fu il vice del Patriarca Kirill quando questi si occupava dei rapporti con le altre Chiese, è anche convinto che oggi le cose tra cattolici e ortodossi possano avere sviluppi molto positivi. Anche perché il proselitismo in Russia da parte di Roma « praticamente non c’è più».
Con la franchezza che lo ha sempre contraddistinto e che, forse, può aver contribuito ad allontanarlo da Kirill, padre Chaplin ricorda: «Qualcuno si sognava di convertire la Russia o l’intera ex Unione Sovietica al cattolicesimo, ma oggi è chiaro a tutti che quell’idea è fallita».
Dunque lei giudica positivamente il colloquio dell’Avana?
«Certo, i cristiani che pensano in maniera tradizionale possono contrastare assieme il secolarismo aggressivo. E poi è assolutamente indispensabile difendere tutti uniti i cristiani del Medio Oriente. Questa difesa lì si è trasformata, non è più solo politica. C’è bisogno di usare la forza e non bisogna aspettare troppo per farlo, altrimenti potrebbe essere tardi».
Un obiettivo comune che può servire ad avvicinare cattolici e ortodossi?
«In molti casi le posizioni praticamente già coincidono, dalla valutazione dell’economia globale alla morale: l’opposizione all’aborto, alla pornografia, alla dissolutezza, alla corruzione».
Non credo che il Cremlino abbia influito in questo processo: la nostra autonomia è rispettata
I rapporti sono migliorati ultimamente, mi pare.
«Ciò è dovuto alla personalità degli ultimi due Pontefici, papa Benedetto XVI e papa Francesco».
E prima?
«Una delle questioni più rilevanti era il proselitismo da parte di alcune strutture cattoliche sul territorio dell’ex Unione Sovietica. Il sogno di una Russia cattolica, come ho detto».
Oggi invece?
« In Russia c’è una parte dell’intellighenzia che ha sempre simpatizzato per il cattolicesimo; queste persone esistono ed esisteranno in futuro. Ma il sogno di cui parlavo non è più attuale. Ci sono ancora difficoltà nei rapporti in Ucraina dove la Chiesa greco-cattolica cerca di allargare la sfera della sua influenza in un modo un po’ artificiale. Credo che questo tema sia stato discusso prima dell’incontro e sarà discusso ancora, più di una volta. Ma va detto che questi problemi hanno perso l’asprezza degli anni Novanta».
Ci sono questioni di dottrina che ancora vi dividono, come l’annoso tema del «filioque»: i cattolici aggiunsero questa parola per dire che lo Spirito Santo «procede dal Padre e dal Figlio».
«Ne abbiamo discusso per secoli e ne discuteremo, probabilmente, ancora per altri secoli. Ma questo non ostacola i nostri rapporti, visto che non abbiamo alcuna intenzione di unire le due Chiese. Le divergenze teologiche non impediscono il dialogo con i protestanti che sono, teologicamente, ancora più lontani da noi».
Il Cremlino ha influito su questo storico incontro?
«Non credo. Quello attuale è un processo a sé stante, che ha una sua logica. Negli anni Novanta ci fu chi cercò di stimolare questo processo, ma gli fu detto con risolutezza che non era una questione che lo riguardava. Credo che da allora tutti abbiano imparato a rispettare l’autonomia della Chiesa».