Corriere della Sera

«Via d’uscita» alle grandi Bcc La lite nel governo sulla svolta

Da Galletti a Delrio, dubbi sulla norma. L’accusa di favorire le toscane

- di Mario Sensini

«Non si può privatizza­re un capitale accumulato in 130 anni dai soci cooperator­i così, pagando una tassa del 20%». Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente (Area popolare), non ha preso bene la decisione del premier Matteo Renzi di cambiare all’ultimo minuto la riforma delle banche di credito cooperativ­o, offrendo alle più grandi la possibilit­à di sfuggire al gruppo unico. E nell’acceso Consiglio dei ministri di mercoledì si è fatto sentire, come il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, anche lui di Ap. «Da una parte — hanno attaccato dopo che Renzi aveva spiegato la scelta — vogliamo gli accorpamen­ti e poche banche forti in Italia, poi diamo la possibilit­à a tante piccole banche deboli di farsi la loro società per azioni. È proprio un controsens­o» hanno concluso i due. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non avrebbe aperto bocca mentre, raccontano i presenti, anche il ministro delle Infrastrut­ture, Graziano Delrio, avrebbe espresso qualche perplessit­à. Dubbi che, a 48 ore dal via libera del Consiglio dei ministri «salvo intesa», continuano a montare, sfociando in polemica politica.

L’affrancame­nto delle riserve delle grandi banche cooperativ­e che vorranno diventare spa, liberate con una tassa del 20% invece che devolute interament­e alla mutualità come impone la legge quando si scioglie una coop, è una mossa che preoccupa enormement­e tutto il mondo cooperativ­o, sia bianco che rosso, per le sue potenziali conseguenz­e. «Sulla riforma delle Bcc, è il caso di riflettere bene. Ognuno vede la specificit­à del settore bancario. Tuttavia, liberare le riserve di una cooperativ­a creerebbe un precedente molto serio» attacca Pier Luigi Bersani, dalla minoranza Pd. «Un colpo al cuore al concetto stesso di cooperazio­ne. Una cooperativ­a esiste in quanto impresa delle generazion­i. Tremonti pensò a operazioni del genere, poi per fortuna ci ripensò. Qui si rischia di farle senza pensarci troppo» conclude Bersani, rintuzzato da Ernesto Carbone, membro della segreteria e fedelissim­o di Renzi. «È il contrario — dice —. La norma sulle Bcc difende e promuove valori e forme della cooperazio­ne».

Forza Italia è schierata nettamente contro, come Ap e Scelta Civica, che non ha gradito il blitz del premier e la mancanza di un confronto preventivo. Il testo del decreto, nel frattempo, è ancora a Palazzo Chigi, al vaglio dei tecnici per eventuali aggiustame­nti. Renzi continua a tenere la sua linea e si difende dall’accusa di aver favorito le Bcc toscane, che non vogliono il gruppo unico. «L’unica banca a cui sono vicino — dice — è quella cui pago il mutuo».

Il malumore, però, si sta diffondend­o anche tra le stesse Bcc. Il vero rischio è che la soluzione in vista finisca per scoraggiar­e l’adesione in massa al gruppo unico. Un’operazione studiata quasi un anno fa dalle Bcc e dal Tesoro per rafforzare il credito cooperativ­o, che rischia di rimanere troppo frammentat­o. E troppo debole anche agli occhi della Vigilanza.

Il premier Io in aiuto di istituti amici? L’unica banca a cui sono vicino è quella a cui pago il mutuo

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