La vicenda
In tre anni hanno affidato 56 consulenze spendendo 17 milioni di euro. Quando il bilancio era già in rosso e la banca era sull’orlo del fallimento hanno concesso centinaia di finanziamenti, spesso senza nessuna garanzia o peggio omettendo di comunicare il conflitto di interessi. Ecco perché la nuova indagine per bancarotta fraudolenta aperta dalla procura di Arezzo dopo la dichiarazione di insolvenza del tribunale, si concentra sui componenti degli ultimi due Consigli di amministrazione. Sotto inchiesta c’è l’operato dell’ex presidente Lorenzo Rosi e dei suoi due vice Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre della ministra per le Riforme Maria Elena, che sono stati in carica da maggio 2014 a febbraio 2015; ma anche quello del precedente Cda guidato da Giuseppe Fornasari.
A leggere gli allegati alla relazione del commissario liquidatore Giuseppe Santoni colpisce la mole di incarichi ritenuti «inutili» dagli ispettori di Bankitalia, come quelli affidati per studiare la fattibilità di una «fusione» che invece non ha avuto alcun seguito, nonostante l’offerta presentata da Banca popolare di Vicenza. Proprio su questo i magistrati guidati dal procuratore Roberto Rossi vogliono saperne di più, e per questo hanno chiesto agli investigatori del Nucleo Tributario un’attenzione particolare al lavoro del comitato ristretto (di cui faceva parte lo stesso Boschi) che si sarebbe mosso in maniera autonoma rispetto al Cda e per questo è finito nel mirino degli ispettori.
Non solo. Numerose «anomalie» rilevate nel corso delle ispezioni dovranno essere approfondite proprio per ricostruire il percorso dei soldi.
Un parere da 50 mila euro
Ci sono numerose società, alcuni studi legali, banche d’affari e svariati professionisti nell’elenco dei consulenti
Nel febbraio del 2015 il ministero dell’Economia dichiara l’insolvenza di Banca Etruria
Lo scorso novembre la banca viene messa in liquidazione. La magistratura di Arezzo avvia un’inchiesta sul crac