Corriere della Sera

Unioni civili, Renzi argina Bagnasco

Il premier: sul voto segreto non decide la Cei. Galantino: per rispetto del Parlamento preferisco non parlare Dem ancora inquieti. L’idea di dividere il «supercangu­ro» per salvare l’emendament­o dei cattolici sull’affido

- Alessandra Arachi

Dai Palazzi al Vaticano il dibattito sulle unioni civili si infiamma a poche ore dal vivo delle votazioni, martedì in Senato. Con il premier che si contrappon­e al presidente della Cei e i vescovi che si dividono tra loro. Tensione davvero alta, come non era successo nemmeno durante la battaglia sui Dico.

Il cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, giovedì ha lanciato la prima provocazio­ne invocando il voto segreto e la libertà di coscienza sulla legge per le unioni civili. E ieri Matteo Renzi non ha esitato: «Se ci saranno le condizioni, sarà Grasso a decidere sul voto segreto, non la Cei». E lo stesso presidente del Senato Pietro

La visita Grasso ha replicato a Bagnasco invocando «le prerogativ­e delle istituzion­i repubblica­ne», e quindi chiedendo la non ingerenza della Chiesa, in perfetta sintonia con la presidente della Camera Laura Boldrini.

E, in qualche modo, in una sintonia garbata con monsignor Nunzio Galantino che della Cei è il segretario. Non ha voluto commentare le polemiche su Bagnasco, Galantino: «Vale quello che ho detto l’altro giorno, per rispetto del Parlamento e delle istituzion­i preferisco non parlare».

Getta invece acqua sul fuoco il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescov­o di Napoli: «Il cardinal Bagnasco ha fatto un invito che qualunque cittadino può fare», ma dal Senato gli arriva la risposta di Benedetto Della Vedova, sottosegre­tario agli Esteri, che entra nel merito del contenuto di Bagnasco: «Dal capo dei vescovi mi sarei aspettato l’esortazion­e opposta al voto segreto che è un voto del demonio».

Martedì si cominciano a votare gli emendament­i e in prima linea c’è quello del renziano Andrea Marcucci, il cosiddetto «supercangu­ro», quello che taglierebb­e via la maggior parte dei seimila emendament­i (ancora tutti lì la Lega: non ha ritirato i suoi cinquemila), compreso l’emendament­o dei trenta senatori cattolici del Pd che trasforma la stepchild adoption in affido rafforzato.

Non è per nulla scontato — anzi — che sul «supercangu­ro» venga dato il voto segreto, perché il presidente Grasso dovrebbe argomentar­e il voto palese come ha fatto con l’emendament­o centrista del «non passaggio al voto», che ha agganciato all’articolo 2 della Costituzio­ne. Ma prima di martedì sono ancora in piedi tante mediazioni all’interno del Pd per tacitare i malumori dei cattolici e tra queste c’è la nuova ipotesi di « spacchetta­re » il «supercangu­ro», votandolo cioè a pezzi e quindi salvando l’emendament­o sull’affido.

In ogni caso, ancora giovedì scorso Stefano Lepri — cattolico dem — ribadiva il patto fatto con il capogruppo Luigi Zanda: «Comunque vada il voto degli emendament­i, alla fine la legge la voteremo tutti compatti».

Intanto dalla Camera si moltiplica­no gli appelli per stralciare la stepchild adoption, lo chiedono quattro deputati dem e lo reclama a gran voce anche la deputata di Forza Italia Laura Ravetto: «Senza la stepchild la legge passerebbe all’unanimità».

foto Massimo Di Vita)

sulla norma delle adozioni. Come se lo spiega?

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