Berlusconi e le urne: senza uomini di partito noi cambiamo passo
«Parisi? È bravo e non è un candidato cinese»
«Siamo molto orgogliosi di aver cambiato passo rispetto agli uomini di partito e di aver trovato due professionisti importanti». Berlusconi è scintillante al punto da aumentare la luminosità della hall del Westin Palace hotel di Milano. Nel giro di 72 ore è riuscito a chiudere una partita che si stava trascinando in modo depressivo per tutta l’alleanza. Ha trovato candidati credibili per le due città maggiori e intorno a loro è riuscito, ancora una volta, a mettere le due anime più ruspanti e pop della coalizione, la Lega Nord e i Fratelli d’Italia.
Il grande ritorno del Cavaliere va in scena in un albergo milanese. Una serata che era nata in precedenza come cena di fundraising a favore di Forza Italia. La location prevista era villa Gernetto, la residenza di Lesmo che avrebbe dovuto diventare l’Università delle libertà. Ma gli eventi delle ultime ore han portato al cambio di programma: è la prima uscita pubblica del candidato Stefano Parisi e dunque deve essere a Milano. Il padrone di casa strappa subito il primo applauso: «Voi siete i votanti paganti. Ma anche se aveste messo 120 mila euro, non potete competere con me: io in questo ho messo 120 milioni».
Ma la serata è soprattutto uno spot per i candidati e Berlusconi non si sottrae: «A Parisi abbiamo fatto una lunga corte perché ha una sua professione importante, un passato che parla di lui come grande manager». Non un politico, insomma: «Ma noi pensiamo che Milano dopo l’amministrazione della sinistra necessitasse di un personaggio con queste qualità». Niente di meno per Guido Bertolaso: «Gli abbiamo fatto una grande corte, perché all’inizio non aveva nessuna intenzione di fare questa scelta». Le vicende giudiziarie ancora aperte? Non sono un problema ma, anzi, una risorsa: «Ho studiato tutti i dossier. Sono cose non solo infondate, ma addirittura ridicole. Queste cose non saranno un ostacolo per lui e per me che lo sosterrò nella campagna, ma un punto di forza che dimostrerà cosa succede in Italia con questa magistratura». Più tardi aggiungerà: «Gli han messo in capo i messaggi, le case e chissà cos’altro ancora. Ma anche da quest’ultima cosa uscirà immacolato».
Alla fine, gli ultimi giorni sono un successo di Silvio Berlusconi difficile da mettere in discussione. A Bertolaso ha creduto, e lo ha trasformato in candidato. E lo stesso per Stefano Parisi a Milano, che oltretutto — anche se il Cavaliere ricorda un antico rapporto nato a Palazzo Chigi — non può certo essere ascritto all’elenco dei fedelissimi. Anche se pare che un grande fautore della candidatura dell’ex amministratore delegato Fastweb sia un salviniano come Armando Siri, l’uomo che ha convinto il capo leghista delle meraviglie della flat tax.
La prima a riconoscere la «straordinaria intuizione» è Renata Polverini: «Confermare l’unità del centrodestra romano attorno ad una figura prestigiosa come quella di Bertolaso è un capolavoro che solo Berlusconi». Debora Bergamini parla di «prodigio politico».
Ma forse l’immagine che rende meglio di ogni altra il passaggio di stato in Forza Italia, da solido e greve di depressione a effervescente e rimotivato, è quella di Stefano Parisi circondato come James Bond dalle super berlusconiane: Mariastella Gelmini, Daniela Santanché, Michela Vittoria Brambilla e Laura Ravetto. Magari non tutte entusiaste allo stesso punto, ma sollevate. Felici anche perché il candidato del centrosinistra, Beppe Sala, si sarebbe «sottratto», dicono, al primo faccia a faccia con Parisi che avrebbe dovuto andare in scena lunedì da Bruno Vespa. Berlusconi è liquidatorio: «Parisi vincerà perché è molto più bravo e perché non è un candidato cinese».