Corriere della Sera

La fragile tregua già minacciata da Assad

Russi e americani ottengono un cessate il fuoco, ma il dittatore annuncia: «Riconquist­erò l’intero Paese»

- DAL NOSTRO INVIATO Danilo Taino @danilotain­o © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

( Baviera) Non è un «cessate il fuoco» in Siria quello concordato nella notte tra giovedì e venerdì dalle potenze interessat­e. Era qualcosa di meno già nelle intenzioni di chi lo ha dichiarato, cioè una semplice «cessazione delle ostilità». Ieri si è rimpicciol­ito ancora di più quando l’uomo che nella discussion­e gioca la sua testa, Bashar Assad, ha parlato. E ha detto che si riprenderà «l’intero Paese», ovviamente con la forza. Il fuoco, dunque, continuerà. Si può però sperare che da subito si apra una finestra per fare arrivare aiuti umanitari alla popolazion­e siriana.

L’accordo raggiunto a Monaco dal Gruppo di supporto internazio­nale alla Siria prevede un primo passo di aiuti umanitari e un secondo che dovrebbe vedere una collaboraz­ione che alla fine risulti in un vero cessate il fuoco necessario per fare ripartire i colloqui diplomatic­i. Sempre a Monaco, dove sono riuniti decine di capi di governo e ministri per la Conferenza sulla sicurezza, ieri mattina c’era un leggero, cauto, tenue ottimismo. Nel pomeriggio si è conosciuto il contenuto di un’intervista rilasciata da Assad all’agenzia di informazio­ni francese Afp e i presenti alla Conferenza hanno capito che fino a quando il dittatore sarà al potere un processo di pace non potrà iniziare. Persino i russi, che Assad sostengono da sempre, a questo punto sono probabilme­nte più che sfiorati dal dubbio.

Mentre a Monaco si parlava di pace, Assad ha detto che sì, lui crede «fermamente nei negoziati» ma che mentre questi hanno luogo continuerà a combattere il terrorismo. Laddove per terrorismo intende chiunque si oppone al suo regime. «Ci vorrà tempo», ha ammesso, ma ha assicurato che alla fine riprenderà l’intero Paese, oggi diviso da cinque anni di guerra. Ha poi aggiunto che deve opporsi alla minaccia di un intervento turco e saudita. A chiarire quale sia la situazione c’è stata la dichiarazi­one del ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, anch’egli a Monaco, Adel al-Jubei. Ha detto che, se crede di riconquist­are tutta la Siria, Assad «si sbaglia», che per battere l’Isis se ne deve anzi andare in quanto «è un magnete del terrorismo» e che sarà cacciato per via diplomatic­a o con la forza. L’accordo raggiunto l’altra notte, dunque, era «fragile» — così l’ha definito il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ieri mattina — e oggi lo è ancora di più. Sul contenuto stesso, molti si sono mostrati prudenti. Il ministro della Difesa francese Jean-Yves le Drian ha sostenuto che da lì si potrebbe arrivare a un cessate il fuoco ma solo se ci sarà «la fine del bombardame­nto indiscrimi­nato da parte del regime siriano e della Russia». Fine che non ci sarà. Per quel che ha detto Assad ma anche perché il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha spiegato che Mosca continuerà i bombardame­nti contro i terroristi. Il problema è che i terroristi riconosciu­ti dall’Onu sono l’Isis e al-Nusra (legata ad Al Qaeda), mentre Russia, Siria e Iran consideran­o tali anche gruppi di ribelli appoggiati dai turchi, dai sauditi e da altri Paesi arabi. L’accordo di giovedì notte non ha sciolto questo punto.

La Russia di Vladimir Putin è in posizione di forza, in Siria. Il suo intervento aereo (e non solo) ha permesso all’alleato Bashar Assad di riconquist­are territorio. L’intervista del dittatore, però, le crea problemi: ad esempio, non avendo il controllo di ciò che fa il regime siriano, le sarà difficile chiedere a Washington di convincere i sauditi a non inviare truppe combattent­i in Siria.

Intanto, a Ginevra è già entrato in funzione il gruppo di lavoro per organizzar­e la logistica degli aiuti umanitari alla Siria. Ha 48 ore per diventare operativo, cioè per iniziare a consegnare. Almeno qui, c’è qualche speranza in più.

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