Corriere della Sera

Il mercato e la legge Equilibri a rischio

Una ricerca di Montedoro su come l’economia influenza il lavoro dei magistrati

- di Marzio Breda © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Jacques Lacan diceva che «la religione trionferà su tante cose, psicoanali­si compresa», perché risponde ai grandi dubbi dell’uomo. Una profezia cui qualcuno ha poi aggiunto l’economia, che promette di sciogliere dubbi minori e che, anche grazie a un lessico iniziatico dai toni quasi religiosi (non a caso si evoca la «teologia del Pil»), sa illudere. Ad esempio: chi non ricorda quando ci ripetevano che l’ultraliber­ismo globale è salvifico, in grado di distribuir­e ricchezza con il sistema dei vasi comunicant­i? La scoperta che può invece impoverirc­i è giunta con la crisi, portatrice di lacerazion­i e nuovi problemi. Tra questi, il meno studiato è quello del rapporto tra diritto ed economia.

È una relazione complessa, che mette la legge del mercato — intesa come scienza e prassi che precede la politica — di fronte alla salvaguard­ia dei valori della Costituzio­ne e alla tutela degli equilibri sociali su cui si fonda una democrazia. Insomma: poiché la macchina dell’economia (mossa da poteri privati) non ammette d’essere ostacolata e, anzi, pretende che le altre leggi (dalla Carta costituzio­nale in giù) siano adeguate alla sua logica, questa pressione condiziona e riduce l’operativit­à della sfera pubblica. Provocando disorienta­mento e mettendo in forse la stessa autosuffic­ienza del diritto.

I regolatori dei mercati, in questo quadro, spinti dall’emergenza si costruisco­no un diritto a parte, ampiamente derogatori­o ed espressivo di un sostanzial­e potere costituent­e. Ciò che rischia di alterare equilibri delicatiss­imi.

Campi di forza analizzati da Giancarlo Montedoro, docente alla Luiss e consiglier­e giuridico del Quirinale, nel denso saggio Il giudice e l’economia (Luiss University Press). Il libro, esplorando la dinamica dei riposizion­amenti provocati dalla catena di collassi dell’economia cominciata nel 2008, è un viaggio dentro una transizion­e irrisolta. E focalizza soprattutt­o il lavoro del giudice amministra­tivo, al quale molti cittadini, travolti dalla crisi e magari feriti dalle misure di spending review varate dai governi, chiedono di garantire che lo Stato sociale di diritto non sia disatteso. A costo di pretendere dai tribunali più elasticità, se non una «supplenza creativa», nell’interpreta­zione delle norme in nome dell’effettivit­à della tutela giurisdizi­onale.

Fiducia eccessiva e ruolo improprio. Anche se è vero che oggi il giudice, quando sceglie quale significat­o attribuire alla norma, può applicare un «diritto dell’emergenza». Ma deve farlo con alcuni limiti, derivanti dalla regola costituzio­nale che vuole che il giudice sia soggetto solo alla legge. Senza espansioni del ruolo, senza far politica, senza aver cura di interessi particolar­i, senza disattende­re l’obbligo di rispettare l’amministra­zione che abbia agito legalmente.

A orientarlo c’è la tavola dei valori riassunti nella Costituzio­ne, anche se contempora­neamente deve fare i conti con un pluralismo di giurisdizi­oni. Ossia con il diritto comunitari­o, i trattati-costituzio­ne della Ue costruiti con scopi specifici, su cui la cultura finanziari­a sta dilatando la propria influenza (basta pensare ai poteri del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, che gode di un’assoluta immunità, anche penale, e i cui uffici sono addirittur­a inviolabil­i).

Ecco un altro nodo creato dal mercato che la ricerca comparativ­a di Montedoro prova a sciogliere. Visto che siamo ormai in un sistema costituzio­nale «multilivel­lo», qui scatta una drammatica incertezza del diritto: gradi diversi di regole e competenze spesso non consentono di raggiunger­e conclusion­i univoche, fino a incrinare le regole di immutabili­tà della cosa giudicata. Questa la difficoltà del servizio di un giudice che, d’altra parte, deve quotidiana­mente affinare la propria formazione e usare anche l’analisi economica per dare le risposte più corrette, sia pur nel recinto fissato dal codice, alla luce del principio comunitari­o di proporzion­alità dell’azione amministra­tiva (il che implica anche la possibilit­à di un calcolo costi-benefici).

Quel che manca, in tale scenario in progress, è uno spazio politico sovranazio­nale in grado di ridurre le tensioni e i potenziali conflitti. E, osserva Montedoro, di assicurare «un certo equilibrio fra democrazia, mercato e diritti umani». Conclusion­e: se non si rafforza l’Europa come spazio politico all’altezza dei poteri del mercato, è scontato che questi prendano il sopravvent­o.

 ??  ?? L’opera Tom Molloy (1954), Swarm (2006, installazi­one, particolar­e) realizzata dall’artista irlandese con circa 4.000 biglietti da un dollaro
L’opera Tom Molloy (1954), Swarm (2006, installazi­one, particolar­e) realizzata dall’artista irlandese con circa 4.000 biglietti da un dollaro

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