Adattarsi sotto i colpi della crisi
Non si contano le cicatrici sparse nel tessuto sociale dell’Italia dopo tanti anni di pesantissima crisi economica. Roberta Carlini si è messa d’impegno a catalogarle e analizzarle, mettendo insieme una notevole mole di dati e di testimonianze, fino a tracciare, nel libro Come siamo cambiati (Laterza, pp. 160, 13), un quadro d’insieme sintetico, ma ricco di dettagli in genere assai preoccupanti. Siamo un Paese in cui le nascite hanno ripreso a calare di brutto, dopo la lieve ripresa che si era registrata dal 1995 al 2008; in cui i nonni comprano i pannolini ai bimbi, per supplire alla caduta dei redditi subita dai genitori; in cui molto spesso sono le donne a mantenere le famiglie, perché i mariti hanno perso il lavoro. I matrimoni peraltro diminuiscono e una separazione tra coniugi può farti precipitare nella povertà: «Un uomo che guadagna mille euro al mese e si separa è un uomo morto», dice un avvocato all’autrice. I consumi si rimescolano, a partire da quelli alimentari, ma fa impressione che si stia diffondendo anche da noi il problema tipicamente americano che è «l’obesità da cibo spazzatura», a buon mercato e malsano. Anche il malessere psicologico è in aumento. Il segnale più allarmante però è forse la diminuzione degli iscritti all’università: una fuga dagli atenei delle nuove generazioni che minaccia di determinare una duratura arretratezza del Paese proprio nel campo cruciale della conoscenza.