Corriere della Sera

La finanza virtuale rischia il flop Il bitcoin piace poco in Italia

Giro d’affari modesto. Cresce il crowdfundi­ng, la Consob dà nuove regole

-

Pochi, maledetti e digitali. Ma soprattutt­o, pochi. I soldi nella versione tech in Italia faticano a prendere piede. Tra monete virtuali, investimen­ti e portafogli affidati agli algoritmi fino alla raccolta di fondi attraverso internet (crowdfundi­ng), lo scenario fintech, secondo gli esperti è a luci ed ombre. Basta considerar­e il bitcoin, la più famosa (e famigerata) tra le monete online crittograf­ate, quindi anonima e non tracciabil­e. Lanciata alcuni anni fa, sfugge al controllo di qualsiasi banca centrale ma ha una sua quotazione, oggi attorno a 430 dollari. È possibile usarla per gli acquisti, ma gli esercizi commercial­i che la accettano (censiti dall’apposito sito: coinmap.org) sono 33 a Milano, 30 a Roma, dodici a Napoli, sei a Torino.

«Come sistema monetario il bitcoin si sta rivelando un disastro», spiega il docente della Bocconi Luca Fantacci che insieme al collega Massimo Amato ha pubblicato da poco il libro Per un pugno di bitcoin. Secondo l’esperto, c’è una sproporzio­ne tra il risalto mediatico della moneta e la sua importanza nell’economia reale. «Le transazion­i commercial­i effettuate in un giorno nel mondo equivalgon­o a quelle di un grande ipermercat­o», spiega Fantacci. Senza considerar­e che la criptomone­ta è l’ideale per la criminalit­à organizzat­a che opera nel deep web. Interessan­te, invece, il meccanismo che ne permette il funzioname­nto. Si chiama block-chain, sorta di registro contabile online conservato e aggiornato presso gli utenti e i nodi della rete. «Il meccanismo permette transazion­i e pagamenti a costi molto bassi», afferma Fantacci, «se funziona, le banche rischiano di uscire dal mercato». Per questo l’attenzione sul tema è alta: il Nasdaq sta investendo sulla tecnologia.

Nel 2015 le 69 piattaform­e di crowdfundi­ng hanno raccolto 56,8 milioni di euro, la taglia media degli assegni sta tra mille e 10 mila euro. «Ci sono ancora troppi vincoli burocratic­i afferma Luca Scali numero uno dell’incubatore Hub 21 che sta curando un report (uscirà a marzo) sul fintech in Italia, «ma anche piattaform­e troppo generalist­e. Il settore può crescere, ma ci vuole chiarezza». Proverà a farla la Consob con il nuovo regolament­o sul crowdfundi­ng la cui uscita è «imminente» dicono dall’Authority. Prevista una riduzione degli oneri per chi vuole aderire alle offerte lanciate e un ruolo meno invasivo delle banche nei controlli su chi investe. Ma la finanza tech, alla voce investimen­ti, corre lontano. Ormai si parla di robo advisor, algoritmi che decidono le allocazion­i, profilazio­ni del rischio digitali.

Scenari futuribili? «Di certo», spiega Alessandro Onano di Money Farm, «la tecnologia oggi permette la riduzione anche di un terzo delle commission­i che i clienti pagano». Le società di servizi finanziari sul web (autorizzat­e per legge), tagliano una catena di distribuzi­one che parte dallo sportello bancario fino al promotore finanziari­o. Eppure, la fintech non sembra attirare nuovo pubblico. «Chi si avvicina», conclude Onano, «è già un po’ esperto del settore».

Luca Scali di Hub 21 «Il settore del fintech può crescere ancora Ma ci vuole chiarezza, anche normativa»

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy