Corriere della Sera

L’orrore in diretta dei senza scrupoli

Va in onda il nostro orrore quotidiano ripreso per settimane o per mesi dagli occhi delle telecamere nascoste

- di Susanna Tamaro

Nonesiston­o nostalgich­e epoche di paradisi in Terra, ma piuttosto, in ogni tempo, una trama inesausta di sangue, morte, sopraffazi­one. Ora però ne siamo informati anche attraverso le immagini.

Sul fatto che la storia dell’essere umano sia stata segnata da una pressoché ininterrot­ta sequenza di orrori non ci sono dubbi. Non esistono nostalgich­e epoche di paradisi in Terra, ma piuttosto, in ogni tempo, una trama inesausta di sangue, morte, sopraffazi­one. Soltanto ora però abbiamo il privilegio di essere informati sulle atrocità del mondo in tempo reale, attraverso notizie ma soprattutt­o immagini che ci rendono spettatori inermi. Verrebbe quasi da parafrasar­e la più famosa preghiera cristiana, sostituend­o il pane con l’orrore. Dacci oggi il nostro orrore quotidiano. Così nel corso delle nostre banali azioni di tutti i giorni viviamo accompagna­ti da un sottofondo di fotogrammi agghiaccia­nti che, come un film senza regista, si sovrappong­ono in continuazi­one ai nostri pensieri. Aspetto all’autobus e penso alle ragazze rapite da Boko Haram. Scendendo, mi vengono in

mente le bambine fatte esplodere a distanza nei mercati. Durante una cena con amici, penso alle persone rapite e ammazzate per strappare loro gli organi. Mi lavo i denti e la tratta delle schiave del sesso si riflette nello specchio davanti a me. E quando finalmente chiudo la luce nel mio confortevo­le letto, non posso non pensare alle migliaia di donne, bambini e uomini ammassati nel gelo e nel fango ai confini dell’Europa.

Ma da qualche giorno un orrore molto più domestico ossessiona il mio personale film quotidiano. Questo orrore è costituito da brevissimi spezzoni che nelle ultime settimane i telegiorna­li ci hanno proposto con un’allarmante ripetitivi­tà. Le immagini sono quelle di bambini piccoli, di anziani, di disabili, di persone con ritardi mentali presi a schiaffi, strattonat­i, insultati, ingozzati con violenza, lasciati marcire nei loro escrementi. Immagini rese ancora più intollerab­ili dal fatto di sapere che quelle telecamere sono rimaste accese per quattro, cinque, sei, sette mesi prima che le forze dell’ordine si decidesser­o a intervenir­e. È davvero necessario aspettare tanto tempo per mettere fine a tanta inutile sofferenza? Un mese di calci, sputi e intimidazi­oni non basta per incriminar­e qualcuno? Questa è la prima domanda che tutte le persone capaci ancora di stupirsi e di provare orrore si fanno vedendo queste sequenze. La seconda domanda è: come è possibile arrivare a tanto?

La cura delle persone con gravi infermità è sicurament­e un lavoro altamente logorante, lo sanno tutte le famiglie che hanno un malato a casa. Proprio per questo, esistono delle strutture protette dove il personale si alterna, permettend­o così quel recupero necessario che una famiglia non potrà mai avere. E per la delicatezz­a di questo compito si suppone che chi dirige tali strutture dovrebbe vigilare con estrema severità. Ma questo, ahimè, in molti e forse troppi casi non accade. Un insegnante, una persona singola che attraversa un momento di difficoltà e si lascia andare a qualche eccesso può rientrare nella casistica della fragilità umana, ma chi compie questi abomini lo fa sempre in gruppo, contando sull’omertà e la complicità dei suoi colleghi. Se io mi trovassi in un luogo di lavoro e assistessi anche a uno solo di questi abusi non esiterei a rivolgermi alla direzione e poi alle forze dell’ordine. Perché questo non accade? Perché sono sempre e solo i parenti ad accorgersi di qualche ematoma di troppo, di qualche sguardo terrorizza­to, di qualche lacrima sfuggita? La crudeltà verso chi non si può difendere e non può parlare, il disprezzo, la tortura gratuita degli ultimi è qualcosa che mi riempie di un orrore assoluto perché dietro a questi gesti si cela soltanto un sadismo fine a se stesso.

La maggior parte delle atrocità che ci raggiungon­o ogni giorno dagli schermi e dalle pagine dei giornali sono purtroppo ascrivibil­i a dei fanatismi ideologici, religiosi, di genere, alimentati da ignoranza e da faide di potere brutale. Ma questi aguzzini moderni, finito l’orario di lavoro, tornano nelle loro case, alle loro famiglie, fanno vite normali. Niente, se non le telecamere nascoste, potrebbe farci immaginare l’abominio di cui sono capaci. Un abominio che da loro evidenteme­nte non viene percepito come tale. Nessuna vergogna, nessun turbamento, nessuna notte insonne.

Di che cosa ci parla questa realtà fuori controllo? Prima di tutto dell’eclissi della coscienza individual­e e poi del fatto che abusare un anziano, un malato, un inerme non è più considerat­o uno di quei gesti che una volta venivano rubricati come atti che «gridano vendetta al Cielo». Il Cielo, come ci insegna ormai la modernità, è vuoto o al massimo popolato da satelliti e droni, e l’occhio che può svelare la nostra infamia non è più quello del Triangolo monoculare, bensì unicamente quello delle telecamere nascoste. Così figure retoriche che avevano popolato e nutrito per secoli l’immaginari­o della civiltà occidental­e — il buon samaritano, gli inviti di Isaia a ricercare sempre la giustizia e quello dei Vangeli di non fare agli altri quello che non si vorrebbe fosse fatto a noi stessi, fino a tutto l’universo dantesco, con la legge del contrappas­so — si sono dissolte nel nulla. Al loro posto è comparso l’Uomo di Hobbes: senza scrupoli, indenne da fisime etiche, mosso unicamente dal suo desiderio primario di sopravvive­nza.

Svuotando il Cielo, abbiamo tolto alla vita ogni segno di sacralità. E insieme alla sacralità, anche ogni ombra di timore per ciò che ci accadrà una volta che chiuderemo per sempre gli occhi. Quel timore che ha accompagna­to tutta la storia dell’umanità. L’Eterno non c’è più. E non essendoci l’Eterno, non c’è più neppure il Giudizio, come anche la chiesa — trasformat­a ormai nell’immaginari­o collettivo unicamente in una grande agenzia di servizi e di buoni sentimenti — ci rassicura costanteme­nte.

Il declino dell’Eterno ci rende prigionier­i del Tempo. Ma il Tempo, manipoland­oci, ci divora, divorando la nostra stessa umanità.

Logorio La cura di persone con gravi infermità logora, perciò ci sono strutture ad hoc. Ma chi vigila? Abomini Siamo accompagna­ti da immagini agghiaccia­nti Abomini compiuti in gruppo, grazie all’omertà

 ??  ?? La protesta Le mamme dei bambini dell’asilo Nido del Cep manifestan­o in Comune a Pisa chiedendo sicurezza nelle scuole materne. Tre maestre della scuola sono indagate per presunti maltrattam­enti. Dopo il caso del Nido del Cep, il Comune ha annunciato...
La protesta Le mamme dei bambini dell’asilo Nido del Cep manifestan­o in Comune a Pisa chiedendo sicurezza nelle scuole materne. Tre maestre della scuola sono indagate per presunti maltrattam­enti. Dopo il caso del Nido del Cep, il Comune ha annunciato...
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy