Corriere della Sera

«Siamo al bivio: più investimen­ti o un’altra crisi»

L’ex amministra­tore delegato di Pimco: adesso tocca ai governi, sì a politiche fiscali e opere pubbliche

- Massimo Gaggi

«Le banche centrali hanno fatto tutto quello che era nelle loro possibilit­à, e anche di più. Non possono andare molto oltre. Misure “contro natura” come i tassi negativi, dimostrano che siamo ai limiti. Rischiamo la recessione e una nuova instabilit­à finanziari­a. Per evitarle devono tornare in campo i governi e la politica economica».

Sera d’inverno in una “townhouse” del Village. Ian Bremmer e Nouriel Roubini, “star” della scienza politica e di quella economica, ospitano una conversazi­one con Mohamed El-Erian sul suo ultimo libro, “The Only Game in Town” (tema: le troppe responsabi­lità che le banche centrali si sono caricate sulle spalle), proprio mentre la Bce di Draghi sta per decidere nuovi interventi estremi. ElErian, ex direttore del Fondo Monetario ed ex Ceo di Pimco, ora superconsu­lente di Allianz, è sorridente e rilassato, ma quello che racconta è raggelante.

« Questo libro » spiega, «l’ho scritto perché l’inerzia dei governi ci porta verso una situazione insostenib­ile. Errori che pagheremo cari, ma che costeranno cari soprattutt­o ai nostri figli. Prima abbiamo «Le possibilit­à ci sono: la grande liquidità delle aziende e le nuove tecnologie» mangiato un pezzo del loro futuro col debito pubblico. Ora gliene stiamo mangiando un altro pregiudica­ndo la crescita economica futura. E io ho una figlia di 12 anni».

El-Erian è molto ascoltato per i ruoli profession­ali svolti, ma soprattutt­o per le sue analisi: in passato prese sottogamba ma poi rivalutate. Fu lui a coniare, dopo il crollo del 2008, l’espression­e «new normal»: l’invito a non attendersi nuove ere di rapido sviluppo, abituandos­i piuttosto a convivere con tassi di crescita minimi.

«Gli economisti all’inizio respinsero questa ipotesi» ricorda El-Erian, «ma poi la tesi si è imposta, anche se con nuovi nomi: il “new mediocre” di Christine Lagarde o la “stagnazion­e secolare” di Larry Summers. Il problema è che anche la strada del “new normal”, pavimentat­a dalle mosse di Fed, Bce e delle loro “sorelle”, sta arrivando alla fine. Siamo a un bivio: se i governi riescono a rianimare la crescita con le politiche fiscali, le opere pubbliche, la riduzione delle diseguagli­anze estreme che minano la democrazia e frenano i consumi (i ricchi risparmian­o il reddito aggiuntivo, i poveri lo spendono), partirà un nuovo ciclo virtuoso. Altrimenti scivolerem­o verso la recessione e una nuova era d’instabilit­à finanziari­a».

E Trump? «Un altro fattore di instabilit­à al quale i mercati non hanno ancora attribuito un prezzo. Lo faranno». Siamo messi male, obiettano Roubini e Bremmer, la politica è immobile. Ma El-Erian non è pessimista: «Le possibilit­à ci sono: le grandi risorse liquide delle aziende, le nuove tecnologie, la capacità lavorativa sottoutili­zzata. Serve uno “Sputnik moment” per uscire dalla paralisi. Forse ci verrà un evento traumatico, io spero di no».

E si commiata citando il leggendari­o Muhammad Ali: ormai vecchio, nel ‘74, sfidò l’imbattuto Foreman. Tutti si aspettavan­o un massacro e invece vinse con una strategia geniale che neutralizz­ò le sue debolezze. Parabola buona per governi e parlamenti pronti a compiere atti leggendari.

Per la crescita Mohamed El-Erian L’inerzia dei governi ci porta verso una situazione non sostenibil­e: pagheremo cari questi errori e, soprattutt­o i nostri figli

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