Corriere della Sera

Quella «voglia di fare male» in puro stile Arancia meccanica

- Di Paolo Di Stefano

uando è entrato Luca è scattato un clic, era lui la persona giusta». Che frasi sono? Che pensiero o che non pensiero nascondono? La persona giusta per cosa? La persona giusta da torturare e da massacrare? E se fosse stata un’altra persona? Sarebbe stata anche quella la persona giusta? In realtà tutte queste domande sono domande attorno al vuoto, a un senso del «giusto» senza senso. Dunque ancora più terrifican­ti. «In passato ho avuto voglia di fare male». Senza motivo? Senza motivo, ammesso che la voglia di far male possa mai avere una ragione ragionevol­e. Ma qui non c’è l’ombra neppure di una ragione irragionev­ole. Dove sta il movente? Il movente è la voglia di fare male? Una tautologia, qualcosa che non spiega nulla né forse vuole spiegarlo. Ci saranno pure state questioni di soldi, ma la prima spinta, il clic è la «voglia di fare male», e uno sguardo di intesa con l’amico: sì, è proprio lui la persona «giusta». Un clic inspiegabi­le e confuso da cui paradossal­mente nasce una sequela di azioni fredde e lucidissim­e. Poi la dichiarazi­one implacabil­e: «Abbiamo deciso di ucciderti». È il futuro distonico dell’arancia meccanica realizzato nel presente. La stessa lucidità allucinata che negli ultimi tempi abbiamo imparato a riconoscer­e nella follia di chi ha deciso di decapitare il nemico: e qui, per di più (o per di meno), non c’è alcun nemico. Là un’allucinazi­one da eccesso ideologico, qui una lucidità da eccesso di vuoto. Il fondamenta­lismo del nulla.

I due assassini raccontano che l’abuso di droga ha fatto perdere loro ogni lucidità, ma nonostante ciò hanno agito con spietata freddezza È possibile «spiegare» tutta questa violenza?

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