Corriere della Sera

Tensione onirica alla Filarmonic­a con Schönberg

- Di Enrico Girardi

Alla Filarmonic­a della Scala si va da un estremo all’altro. Qualche settimana fa c’era un programma illogico, quello diretto da Marc Albrecht al posto di Daniel Harding, con il Concerto per violino n.2 di Bartók (Leonidas Kavakos lo splendido solista) unito a cose varie di Richard e Johann Strauss: mondi a siderale distanza tra loro. L’altra sera ecco invece un programma granitico, incentrato sul tema della trasfigura­zione: Notte trasfigura­ta di Schönberg, Morte e trasfigura­zione di Strauss, Preludio e morte di Isotta di Wagner. È quello impaginato da Daniele Gatti, che ben sottolinea come la musica non sia solo strumento di trasfigura­zione, ma trasfigura­zione essa stessa, almeno a stare a come la intendevan­o i compositor­i in questione.

Programma bello e difficile. Difficile soprattutt­o il pezzo di Schönberg (nella versione per orchestra d’archi): oltre 30 minuti di sonorità stralunate, motivi impalpabil­i, sfuggenti, combinati in un ritmo polifonico la cui densità non dà tregua agli esecutori perché «scopre» le linee più di quanto le confonda. La resa non è ineccepibi­le. Ma Gatti sa tenere il filo della tensione onirica, lo anima con sapienti soluzioni timbriche.

Poi, con Strauss e Wagner, sembra di andare sul velluto. Qui il suono è materia viva, modellabil­e in un caleidosco­pio di soluzioni. Qui l’impalpabil­e si sfoga nel maestoso e solenne. Qui l’orchestra dà il suo meglio. In ogni caso Gatti rivela ancora una volta che in questo repertorio, per nulla italiano, si trova a casa sua. E gli estratti dal Tristano fan venire la voglia di ascoltare il dramma per intero.

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