Lite tra Renzi e la minoranza: primarie o solo capibastone
Democratici Bersani: dell’Italicum penso il peggio possibile
Liti nel Pd. Renzi attacca la minoranza: «C’è chi usa le Comunali contro di me». E sull’Ulivo dice «Lo evoca chi lo ha distrutto». Bersani: mi sentirà.
PERUGIA Arriva come un divo, come se non fossero passati anni da quando era il lider maximo. Dopo aver seminato i reporter, entra in sala da un ingresso laterale, accolto dagli applausi. Massimo D’Alema, come sempre, divide. Ci sono gli entusiasti, i nostalgici. E chi sente la minaccia di una presenza troppo ingombrante. Forse tra loro c’è anche Roberto Speranza, che qualche minuto prima diceva, gelido: «La sua intervista? Non l’ho letta. D’Alema è una personalità come altre».
Non sembrerebbe, a sentire l’eco delle sue parole al Corriere. Anche se a Perugia è per presentare il libro del direttore della Stampa Maurizio Molinari, « Jihad. Guerra all’Occidente» e respinge i cronisti («Siamo tutti vittime del sistema»), D’Alema non si fa mancare qualche battuta sull’attualità: «Mai come in questo momento c’è bisogno di idee nuove per rilanciare la sinistra». Poi: «La democrazia non è il governo della maggioranza, ma, come è noto, è rispetto delle minoranze» (grandi applausi). E una sulla politica estera: «Apprezzo la prudenza di Renzi sulla Libia. Ma qualcuno deve andare a spiegare alla famiglia di Giulio Regeni come l’Egitto di Al Sisi sia amico». Su Prodi: «Se fosse stato nominato Alto rappresentante dell’Onu, ci sarebbe stata una storia politica diversa».
È invece Pier Luigi Bersani a rispondere a muso duro a Matteo Renzi, che poco prima, alla scuola del Pd di Roma, aveva detto: «Io ho fatto tante cose di sinistra. Chi mi attacca ha distrutto l’Ulivo». L’ex segretario replica così: «Se lui è la vera sinistra, noi cosa siamo? Renzi ricordi che noi lo abbiamo fatto l’Ulivo. Sta andando veramente oltre il segno: non tocchi l’Ulivo perché allora mi farò sentire davvero». E Speranza rincara: «Renzi invece di unire, insulta».
Poi si torna a D’Alema. Del resto, affinità e divergenze con il «compagno» Massimo sono state al centro della tre giorni. L’affinità è sulla sostanza, la divergenza sulla direzione da prendere: «D’Alema? Il disagio c’è —spiega l’ex segretario — ma qui nessuno parla di uscire dal Pd. Abbiamo qualche idea, per rispondere al disagio». Bersani è meno icastico del lider maximo, preferisce usare il classico« ber sane se »:« Diamo una raddrizzata alla barca, sennò si va a finire amare ». La rotta va cambiata, a cominciare dalla legge elettorale. Quell’ Italicum che oggi molti vorrebbero usare come moneta di scambio per il «sì» al referendum costituzionale di ottobre. Qualcuno si spinge a dire che sosterrà la raccolta firme per il referendum abrogativo. Bersani è durissimo: «Penso tutto il peggio possibile dell’Italicum. M5s e destra metterebbero insieme un listone al ballottaggio per prendere tutto». E ancora: «Il combinato disposto con la riforma costituzionale non dà un bel risultato ma il problema prima di tutto è la legge elettorale». Bersani fa una battuta anche sulla Rai all’inviato di Gazebo: «Se indebolissero il programma di Zoro, mi girerebbero molto».
Per il resto, la linea è resistere: «La scissione non esiste — spiega un redivivo Vasco Errani, a braccetto con Bersani —. Non siamo mica sabotatori». L’altra minoranza, quella più governativa, è lontana da Perugia ma si fa sentire con il ministro Maurizio Martina: «Serve un passo avanti unitario di tutti, non condivido il ragionamento di D’Alema, questi toni aprono un solco con i nostri elettori».