Marmo: io Elena Ferrante? Sono molto riservata
Marcella Marmo, indicata come l’autrice dell’ «Amica geniale»: «Non sono io». Il figlio sorride: mamma, nega
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La professoressa Marcella Marmo è una signora gentile che abita nel condominio ricavato in un’antica villa sulla collina del Vomero. C’è un grande cancello di ferro, un lungo viale e poi un cortile affacciato sul golfo di Napoli. Un posto intimo e suggestivo. Riservato come la sua inquilina. È lei secondo Marco Santagata, dantista e scrittore a sua volta, la misteriosa Elena Ferrante, pseudonimo dietro cui si nasconde l’autrice della saga bestseller L’amica geniale. Indizi linguistici, lapsus, omissioni: il professore è arrivato alla presunta identità della narratrice grazie a un’analisi tutta interna ai testi, ricostruita passo dopo passo su «la Lettura» in edicola e in un video su corriere.it/lalettura. «Elena Ferrante — dice Santagata — è una donna napoletana, allieva della Normale di Pisa prima del 1966, studiosa di Storia contemporanea».
Marcella Marmo risponde di non essere lei quella persona. «Proprio no, non sono io Elena Ferrante», ripete davanti alle pagine del supplemento del «Corriere» che le vengono mostrate in anteprima, alla vigilia dell’uscita. Dice no scuotendo la testa e sorridendo, e mai, in quasi due ore di colloquio, avrà un moto di disappunto o di fastidio per l’accostamento del suo nome a quello dell’autrice che da ventiquattro anni riesce a tenere celata la propria identità, pure a fronte di un successo diventato ormai mondiale. Infastidita invece la reazione della casa editrice e/o: «Smentiamo che Elena Ferrante sia Marcella Marmo e ci auguriamo che si torni a parlare del libro e non dell’identità dell’autrice».
La professoressa, nata nel 1946, si dichiara «timida e riservata», e quindi «come potrei essere invece una scrittrice tanto importante?». Certo sui tratti del suo carattere non mente. Non fosse per la profonda riservatezza che la accompagna, la sua notorietà andrebbe ben oltre l’ambiente universitario, dove ha insegnato e tuttora insegna Storia contemporanea (è docente alla Federico II e in passato lo è stata all’Istituto Orientale) e dove ha condotto studi che la pongono tra i massimi esperti della storia sociale di Napoli e della camorra. Avrebbe titoli e argomenti per intervenire anche oltre l’ambito accademico ma lei non ha mai cercato vetrine, semmai il contrario.
Della serie L’amica geniale dice di avere letto solo un libro, il primo, «e anzi, ora mi aspetto che il “Corriere” mi regali gli altri, per farsi perdonare di tutte le telefonate e le richieste di interviste che avrò per colpa vostra». Continua a sorridere. Non c’è risentimento nelle sue parodi le, piuttosto ironia. Anche se compie un errore: del volume che ha letto dice che è il primo della Ferrante, mentre in realtà è l’episodio numero uno della tetralogia, non della carriera della scrittrice. Ma mostra di averlo apprezzato: «Ho amato i trabocchetti di napoletanità che c’erano nelle pagine, il confronto tra le due donne, il racconto delle periferie che io, pur essendo studiosa di Napoli, non ho frequentato».
Quanto all’indagine di Santagata, la professoressa, pur continuando a negarne la conclusione, conferma gran parte degli elementi messi in fila dall’italianista. Tracce dal secondo volume, Storia del nuovo cognome, quando alla metà degli anni Sessanta la protagonista Elena Greco va a studiare alla Normale, come Marcella Marmo, anche lei allieva della Scuola nel 1964/65. Il palazzo Timpano, ad esempio, che i normalisti (e la Ferrante nel libro) chiamano semplicemente «il Timpano», il collegio delle studentesse: «Ci ho vissuto, certo. E fino a pochi anni fa è stato uno dei miei sogni ricorrenti». La fascinazione — ma nulla di più — per Adriano Sofri: «Mi incuteva timidezza, come anche Franco Piperno, che pure conobbi in quegli anni». Il distacco da Pisa, dovuto a un esame andato male (il professor Armando Saitta, allora docente di Storia moderna nell’ateneo toscano, «non amava i meridionali»), e la scelta di non concorrere per essere riammessa alla Normale al secondo anno.
Nel 1966, il ritorno a Napoli, dove Marcella Marmo si laureerà con il professor Giuseppe Galasso. E dove poi sposerà Guido Sacerdoti, conosciuto già prima degli anni universitari, durante la frequentazione di Nuova Resistenza e poi della federazione giovanile del Pci. Nipote di Carlo Levi, grande allergologo e pittore di fama, Sacerdoti è scomparso nel 2013. E organizzare le sue mostre, tenerne viva l’opera, è oggi l’unica attività extrauniversitaria che Marcella Marmo rivendica. Ne parla con amore di moglie e passione di ammiratrice, ma poi, quasi all’improvviso, torna agli anni pisani: «Comunque in quel periodo non ero l’unica napoletana alla Normale. Dopo di me ne venne un’altra. Non ricordo il nome, non legammo. Ma sono certa che fosse napoletana. Potrebbe essere lei Elena Ferrante. Oppure potrebbe essere Silvio Perrella» (che, interpellato dal «Corriere», sceglie di non commentare).
Il passato «Il collegio dell’università? Uno dei miei sogni ricorrenti» «Adriano Sofri? Mi incuteva timidezza, come Franco Piperno»
«L’altra napoletana è Maria Mercogliano — dice Santagata, annuario dei normalisti alla mano, dove non risultano in quel periodo altre ragazze provenienti dalla stessa area geografica —. Ma non può essere lei Elena Ferrante». «La Mercogliano è stata allieva della Scuola Normale nel 1966/67, lo stesso anno in cui entrai anche io — testimonia il professore —. Se fosse lei l’autrice de L’amica geniale sarebbero inspiegabili, in almeno un paio di passaggi decisivi, le omissioni di eventi come l’alluvione dell’Arno del 4 novembre 1966 e l’occupazione dell’università nel febbraio 1967. In base alla mia ricostruzione, infatti, la Ferrante è stata a Pisa prima del 1966».
Laura Goggi Carotti, anche lei all’epoca normalista, Marcella Marmo e Maria Mercogliano le ha conosciute entrambe (allora venivano ammessi meno di dieci allievi l’anno e, come oggi, si viveva insieme in collegio, così che era impossibile non venire a sapere quasi tutto gli uni degli altri). «Io e Marcella siamo arrivate nel 1964 — rievoca Goggi Carotti —. Eravamo entrambe studentesse di Lettere moderne, allora non esisteva il corso di laurea in Storia, e preparammo insieme diversi esami». «Aveva un carattere solare, allegro, ricordo la sua risata — racconta —. Ma era un po’ diversa da noi compagne, più matura. Si interessava di politica, l’aveva fatta attivamente a Napoli, si definiva ingraiana. Nella sua città d’origine, di cui parlava continuamente, aveva un fidanzato. Era come se a Pisa non si fosse mai ambientata pienamente».
Prima di tutto per gli interessi che già rivelava in quell’unico anno toscano, anche Laura Goggi Carotti ritiene Marcella Marmo più compatibile con Elena Ferrante di Maria Mercogliano. «Quest’ultima, infatti, è poi diventata italianista e critica d’arte — spiega — non una storica». E aggiunge una suggestione legata alla protagonista della tetralogia Elena Greco: «All’epoca Mercogliano era una graziosa brunetta, Marmo una figura più massiccia — rievoca con tenerezza l’allora compagna di studi —. Una bellezza che doveva imparare a valorizzarsi, come quella del personaggio de L’amica geniale ».
Oggi Marcella Marmo non è lontana dalla pensione. La sua casa è piena di quadri, di libri, di tesi dei suoi studenti. In una stanza è lo studio di suo figlio Carlo, medico come il papà (l’altra figlia, Arianna, è ricercatrice universitaria). «Ma tu guarda», commenta Carlo senza fare una piega quando la mamma gli mostra il giornale in cui si dice che potrebbe essere lei la scrittrice misteriosa. «E rispondi che non sei Elena Ferrante», aggiunge sorridendo. Poi saluta, e si allontana.