Il collante Merkel-Draghi che tiene insieme l’Europa
Dopo l’indebolimento del tradizionale legame franco-tedesco
Angela Merkel e Mario Draghi, due architravi su cui si regge l’Unione Europea. Sostituendo il tradizionale asse Berlino-Parigi che teneva in piedi l’Europa. Oggi la Francia è diventata fragile. Il mandato del presidente della Bce scade ad ottobre 2019. E anche per la cancelliera il tempo del ricambio potrebbe non essere lontano. Ma la Ue sarà pronta?
Chiudete gli occhi per un attimo e tentate un esperimento mentale: l’Europa senza Mario Draghi e Angela Merkel. In questi anni non sarebbe stata la stessa, non sarebbe la stessa oggi e probabilmente l’area euro non sarebbe arrivata fin qui. Non nella forma in cui la conosciamo.
Non sono stati e non sono neanche ora dei conservatori dello status quo, Merkel e Draghi. Non hanno cercato di congelare un edificio friabile, ma di farlo crescere di almeno un piano e di consolidarlo. Sia la cancelliera tedesca che il presidente della Banca centrale europea hanno interpretato il proprio ruolo in Europa in senso decisamente innovativo. L’italiano lo ha fatto portando la Bce da un codice di comportamenti essenzialmente puritani verso una serie di reazioni realiste di fronte all’emergenza. La leader tedesca ha seguito un’ispirazione simile in politica. È fra i pochi capi di governo ad aver risposto all’arrivo dei rifugiati in modo tale da non smentire i valori dell’Europa e, insieme, prevenirne la disintegrazione. Entrambi hanno preso dei rischi, creato nemici interni, accettato compromessi pur di muovere le istituzioni europee nella direzione giusta.
Soprattutto, l’Europa non sarebbe la stessa se in questi anni Merkel e Draghi non avessero interagito. Ciascuno nel proprio ruolo, i due hanno formato nei fatti l’asse che ha impedito all’architettura europea di cedere. Oggi quell’asse non poggia sull’intesa fra Parigi e Berlino, perché la Francia è resa fragile dalla sua interminabile traversata del deserto. In politica il suo ruolo è congelato dall’ipoteca posta dal Front National: basta vedere come François Hollande si è tenuto fuori dal confronto sui migranti a Bruxelles per non esacerbare le proprie difficoltà domestiche. In economia la Francia è appesa a un filo: dipende così tanto dalla possibilità di pagare tassi d’interesse «tedeschi» (cioè bassissimi), che il governo di Parigi non può che restare in scia di Berlino avendo disperatamente bisogno di essere identificato con la Germania sui mercati.
Dunque un vero asse franco-tedesco (per ora) non c’è più. Ci sono Merkel e Draghi. Su di loro si è fondato quel che resta della stabilità europea in questi anni. Il primo è geloso dell’indipendenza della Banca centrale, la seconda la rispetta. Allo stesso tempo entrambi capiscono che in democrazia nessuna istituzione può esistere a lungo se soggetta a un costante assedio politico. Le scelte di Draghi per puntellare l’euro funzionano (anche) perché Merkel ne ha imposto un riluttante rispetto in Germania. Senza di lei, l’ostilità del mondo politico e finanziario tedesco verso la Bce sarebbe traboccata oltre i limiti.
Ora torniamo all’esperimento iniziale, perché non è solo un esercizio dell’immaginazione. L’Europa senza Merkel e Draghi è una prospettiva su ciò che avverrà nei prossimi anni. Il mandato del presidente della Bce scade nell’ottobre 2019, e probabilmente tra due anni i mercati finanziari inizieranno a scontare l’incertezza sul nome del successore. Dopo un francese (Jean-Claude Trichet) e un italiano, è prevedibile che i governi del centro-nord europeo reclamino un presidente della Bce più vicino alla loro sensibilità.
Quanto a Merkel, non è mai apparsa così vulnerabile. Domani si vota in tre Länder ed è emblematico che alcuni leader del suo stesso partito, come Julia Klöckner in Renania-Palatinato, prendano le distanze da lei per rafforzare la propria popolarità. L’apertura ai rifugiati ha oggettivamente indebolito Merkel. Magari non la porterà alle dimissioni, ma la sua parabola sembra entrata in una graduale fase discendente. Prima o poi si arriverà alla successione e se in Germania gli equilibri di forza restano quelli attuali, toccherà a un leader più «nazionale» e un po’ meno europeo.
Dunque l’Europa senza Merkel e Draghi è semplicemente una realtà a venire, alla quale l’Europa di oggi non è pronta. Il sistema senza di loro oggi non terrebbe, soggetto a mille tensioni: il rischio Brexit, la fragilità di Grecia e Portogallo, la sfida dei Paesi dell’Est, il semplice fatto che l’Italia resta indebitata e non cresce da decenni.
Il colpo d’occhio è tale che i leader di oggi, a partire da Matteo Renzi, sanno che questi saranno anni importantissimi. È giusto opporsi e cercare di cambiare ciò che non si condivide. Ma è anche necessario trovare alleati e mostrare senso di responsabilità sulla tenuta finanziaria, ciascuno nel proprio Paese. Il progetto europeo si consolida oggi, o domani potrebbe essere tardi.
La Bce nel 2019 Il mandato del presidente della Bce scade nell’ottobre 2019 Parabola discendente La parabola della Merkel sembra entrata in una graduale fase discendente