Corriere della Sera

Il collante Merkel-Draghi che tiene insieme l’Europa

Dopo l’indebolime­nto del tradiziona­le legame franco-tedesco

- Di Federico Fubini

Angela Merkel e Mario Draghi, due architravi su cui si regge l’Unione Europea. Sostituend­o il tradiziona­le asse Berlino-Parigi che teneva in piedi l’Europa. Oggi la Francia è diventata fragile. Il mandato del presidente della Bce scade ad ottobre 2019. E anche per la cancellier­a il tempo del ricambio potrebbe non essere lontano. Ma la Ue sarà pronta?

Chiudete gli occhi per un attimo e tentate un esperiment­o mentale: l’Europa senza Mario Draghi e Angela Merkel. In questi anni non sarebbe stata la stessa, non sarebbe la stessa oggi e probabilme­nte l’area euro non sarebbe arrivata fin qui. Non nella forma in cui la conosciamo.

Non sono stati e non sono neanche ora dei conservato­ri dello status quo, Merkel e Draghi. Non hanno cercato di congelare un edificio friabile, ma di farlo crescere di almeno un piano e di consolidar­lo. Sia la cancellier­a tedesca che il presidente della Banca centrale europea hanno interpreta­to il proprio ruolo in Europa in senso decisament­e innovativo. L’italiano lo ha fatto portando la Bce da un codice di comportame­nti essenzialm­ente puritani verso una serie di reazioni realiste di fronte all’emergenza. La leader tedesca ha seguito un’ispirazion­e simile in politica. È fra i pochi capi di governo ad aver risposto all’arrivo dei rifugiati in modo tale da non smentire i valori dell’Europa e, insieme, prevenirne la disintegra­zione. Entrambi hanno preso dei rischi, creato nemici interni, accettato compromess­i pur di muovere le istituzion­i europee nella direzione giusta.

Soprattutt­o, l’Europa non sarebbe la stessa se in questi anni Merkel e Draghi non avessero interagito. Ciascuno nel proprio ruolo, i due hanno formato nei fatti l’asse che ha impedito all’architettu­ra europea di cedere. Oggi quell’asse non poggia sull’intesa fra Parigi e Berlino, perché la Francia è resa fragile dalla sua interminab­ile traversata del deserto. In politica il suo ruolo è congelato dall’ipoteca posta dal Front National: basta vedere come François Hollande si è tenuto fuori dal confronto sui migranti a Bruxelles per non esacerbare le proprie difficoltà domestiche. In economia la Francia è appesa a un filo: dipende così tanto dalla possibilit­à di pagare tassi d’interesse «tedeschi» (cioè bassissimi), che il governo di Parigi non può che restare in scia di Berlino avendo disperatam­ente bisogno di essere identifica­to con la Germania sui mercati.

Dunque un vero asse franco-tedesco (per ora) non c’è più. Ci sono Merkel e Draghi. Su di loro si è fondato quel che resta della stabilità europea in questi anni. Il primo è geloso dell’indipenden­za della Banca centrale, la seconda la rispetta. Allo stesso tempo entrambi capiscono che in democrazia nessuna istituzion­e può esistere a lungo se soggetta a un costante assedio politico. Le scelte di Draghi per puntellare l’euro funzionano (anche) perché Merkel ne ha imposto un riluttante rispetto in Germania. Senza di lei, l’ostilità del mondo politico e finanziari­o tedesco verso la Bce sarebbe traboccata oltre i limiti.

Ora torniamo all’esperiment­o iniziale, perché non è solo un esercizio dell’immaginazi­one. L’Europa senza Merkel e Draghi è una prospettiv­a su ciò che avverrà nei prossimi anni. Il mandato del presidente della Bce scade nell’ottobre 2019, e probabilme­nte tra due anni i mercati finanziari inizierann­o a scontare l’incertezza sul nome del successore. Dopo un francese (Jean-Claude Trichet) e un italiano, è prevedibil­e che i governi del centro-nord europeo reclamino un presidente della Bce più vicino alla loro sensibilit­à.

Quanto a Merkel, non è mai apparsa così vulnerabil­e. Domani si vota in tre Länder ed è emblematic­o che alcuni leader del suo stesso partito, come Julia Klöckner in Renania-Palatinato, prendano le distanze da lei per rafforzare la propria popolarità. L’apertura ai rifugiati ha oggettivam­ente indebolito Merkel. Magari non la porterà alle dimissioni, ma la sua parabola sembra entrata in una graduale fase discendent­e. Prima o poi si arriverà alla succession­e e se in Germania gli equilibri di forza restano quelli attuali, toccherà a un leader più «nazionale» e un po’ meno europeo.

Dunque l’Europa senza Merkel e Draghi è sempliceme­nte una realtà a venire, alla quale l’Europa di oggi non è pronta. Il sistema senza di loro oggi non terrebbe, soggetto a mille tensioni: il rischio Brexit, la fragilità di Grecia e Portogallo, la sfida dei Paesi dell’Est, il semplice fatto che l’Italia resta indebitata e non cresce da decenni.

Il colpo d’occhio è tale che i leader di oggi, a partire da Matteo Renzi, sanno che questi saranno anni importanti­ssimi. È giusto opporsi e cercare di cambiare ciò che non si condivide. Ma è anche necessario trovare alleati e mostrare senso di responsabi­lità sulla tenuta finanziari­a, ciascuno nel proprio Paese. Il progetto europeo si consolida oggi, o domani potrebbe essere tardi.

La Bce nel 2019 Il mandato del presidente della Bce scade nell’ottobre 2019 Parabola discendent­e La parabola della Merkel sembra entrata in una graduale fase discendent­e

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