Se ai giovani la «prima volta» fa ancora paura
Quel primo incontro con l’amore, con il piacere e la paura del corpo, è sempre un passaggio di vita, ormai liberato dell’antico senso di imposizione. Ma si discute ancora del momento «giusto».
In origine era la verginità, ora si dice « prima volta » . Perché quel primo incontro con l’amore, con il piacere e la paura del corpo, è sempre un passaggio di vita, una svolta che lascia il segno, ma si è liberato dell’antico senso di «imposizione» consegnandosi alla sfera dell’intimità, dove il contesto socio-culturale non pretende più prove né requisiti.
Resta un momento delicato, che oggi risente di una doppia ambivalenza. Da una parte infatti avere il primo rapporto sessuale «troppo presto» comporta i rischi di una scelta non ponderata il cui significato simbolico andrebbe elaborato e inserito in un percorso di costruzione dell’identità — e non sempre i pre-adolescenti hanno gli strumenti per gestire le conseguenze emotive della prima volta, che per una ragazza su dieci in Italia avviene sotto i 14 anni. Dall’altro lato arrivare all’appuntamento «troppo tardi» implica un sentimento di vergogna e di inadeguatezza, con il conseguente timore di essere rifiutati dalla comunità dei coetanei.
Nell’inchiesta di Radio27 abbiamo raccolto pareri di esperti come Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva; di genitori come Cecilia Storti, mamma di cinque figli di età compresa tra i venti e i dodici anni, che con il tempo ha accettato di rivedere le sue certezze su sessualità e matrimonio; della scrittrice Melissa Panarello, oggi trentenne, che nel 2003 scandalizzò con il romanzo di educazione sessualsentimentale «100 colpi di spazzola prima di andare a dormire» e nel 2011 ha pubblicato «In Italia si chiama amore», viaggio fra pudori e trasgressioni, vizi privati e pubbliche virtù degli italiani.
In epoca di sessualizzazione precoce, con un flusso continuo di stimoli e pressioni da più direzioni che collegano gli indici di popolarità degli adolescenti nel «gruppo» direttamente all’esperienza sessuale, i ragazzi si sentono spesso chiamati a prove di potenza fisica senza potersi dare il tempo di collegare corpo e mente, mentre le ragazze sono spinte verso un’immagine sempre più standardizzata, sexy, ammiccante.
«I nostri figli non giocano più a fare i grandi — spiega Alberto Pellai — ma dispongono fin da subito di tutti gli strumenti per indossare un’identità “adultizzata” che non conosce passaggi graduali. Non hanno bisogno di prediche ma di essere aiutati a porsi le giuste domande».
Lì dove fino agli anni Sessanta il tabù era il sesso, oggi è la verginità a spaventare, riflette Melissa Panarello: «In quest’ansia di crescere il più in fretta possibile, liberarsi di quel peso diventa un rito iniziatico». Ma approdare alla sessualità non equivale a scoprire il piacere, di fronte al quale — soprattutto al piacere delle donne — la società prova ancora imbarazzo. Melissa P. ha pagato un prezzo per «100 colpi di spazzola»? «Certo. Le donne non devono avere voglie, desideri, tanto meno scriverne — per di più, la scrittura femminile è carnale, corporea. Il problema non si pone per gli uomini». Buon ascolto.
Il rapporto sessuale è la risposta alle mille domande che si fanno i ragazzi: sarò capace? Il mio corpo funzionerà nel modo giusto?
Emanuela Confalonieri,
docente alla Cattolica di Milano Il coming out? Noi giovani non sentiamo il bisogno di dichiararci Vogliamo vivere le nostre esperienze per vedere dove ci portano la vita e l’amore
Cleo Toms
youtuber La sessualità sempre più anticipata è una tendenza europea, con l’Inghilterra in testa. La prima conseguenza? Bambini non desiderati. E poi ci si stanca
Paolo Crepet
psichiatra