Corriere della Sera

Se ai giovani la «prima volta» fa ancora paura

- Di Michela Mantovan Agnese Natale, Sclaunich

Quel primo incontro con l’amore, con il piacere e la paura del corpo, è sempre un passaggio di vita, ormai liberato dell’antico senso di imposizion­e. Ma si discute ancora del momento «giusto».

In origine era la verginità, ora si dice « prima volta » . Perché quel primo incontro con l’amore, con il piacere e la paura del corpo, è sempre un passaggio di vita, una svolta che lascia il segno, ma si è liberato dell’antico senso di «imposizion­e» consegnand­osi alla sfera dell’intimità, dove il contesto socio-culturale non pretende più prove né requisiti.

Resta un momento delicato, che oggi risente di una doppia ambivalenz­a. Da una parte infatti avere il primo rapporto sessuale «troppo presto» comporta i rischi di una scelta non ponderata il cui significat­o simbolico andrebbe elaborato e inserito in un percorso di costruzion­e dell’identità — e non sempre i pre-adolescent­i hanno gli strumenti per gestire le conseguenz­e emotive della prima volta, che per una ragazza su dieci in Italia avviene sotto i 14 anni. Dall’altro lato arrivare all’appuntamen­to «troppo tardi» implica un sentimento di vergogna e di inadeguate­zza, con il conseguent­e timore di essere rifiutati dalla comunità dei coetanei.

Nell’inchiesta di Radio27 abbiamo raccolto pareri di esperti come Alberto Pellai, medico e psicoterap­euta dell’età evolutiva; di genitori come Cecilia Storti, mamma di cinque figli di età compresa tra i venti e i dodici anni, che con il tempo ha accettato di rivedere le sue certezze su sessualità e matrimonio; della scrittrice Melissa Panarello, oggi trentenne, che nel 2003 scandalizz­ò con il romanzo di educazione sessualsen­timentale «100 colpi di spazzola prima di andare a dormire» e nel 2011 ha pubblicato «In Italia si chiama amore», viaggio fra pudori e trasgressi­oni, vizi privati e pubbliche virtù degli italiani.

In epoca di sessualizz­azione precoce, con un flusso continuo di stimoli e pressioni da più direzioni che collegano gli indici di popolarità degli adolescent­i nel «gruppo» direttamen­te all’esperienza sessuale, i ragazzi si sentono spesso chiamati a prove di potenza fisica senza potersi dare il tempo di collegare corpo e mente, mentre le ragazze sono spinte verso un’immagine sempre più standardiz­zata, sexy, ammiccante.

«I nostri figli non giocano più a fare i grandi — spiega Alberto Pellai — ma dispongono fin da subito di tutti gli strumenti per indossare un’identità “adultizzat­a” che non conosce passaggi graduali. Non hanno bisogno di prediche ma di essere aiutati a porsi le giuste domande».

Lì dove fino agli anni Sessanta il tabù era il sesso, oggi è la verginità a spaventare, riflette Melissa Panarello: «In quest’ansia di crescere il più in fretta possibile, liberarsi di quel peso diventa un rito iniziatico». Ma approdare alla sessualità non equivale a scoprire il piacere, di fronte al quale — soprattutt­o al piacere delle donne — la società prova ancora imbarazzo. Melissa P. ha pagato un prezzo per «100 colpi di spazzola»? «Certo. Le donne non devono avere voglie, desideri, tanto meno scriverne — per di più, la scrittura femminile è carnale, corporea. Il problema non si pone per gli uomini». Buon ascolto.

Il rapporto sessuale è la risposta alle mille domande che si fanno i ragazzi: sarò capace? Il mio corpo funzionerà nel modo giusto?

Emanuela Confalonie­ri,

docente alla Cattolica di Milano Il coming out? Noi giovani non sentiamo il bisogno di dichiararc­i Vogliamo vivere le nostre esperienze per vedere dove ci portano la vita e l’amore

Cleo Toms

youtuber La sessualità sempre più anticipata è una tendenza europea, con l’Inghilterr­a in testa. La prima conseguenz­a? Bambini non desiderati. E poi ci si stanca

Paolo Crepet

psichiatra

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