Corriere della Sera

Regeni, il dossier dal Cairo

- di Fiorenza Sarzanini

ci sono alcune persone che si appartano per fare la pipì e sporgendos­i dal parapetto notano il corpo. Il tassista avvisa subito il suo datore di lavoro, entrambi vengono poi interrogat­i ma — almeno a leggere il resoconto — si limitano a fornire una scarna ricostruzi­one. Eloquente è invece l’annotazion­e degli investigat­ori: «In zona non è presente alcun ripetitore». Un evidente tentativo di mettere le mani avanti rispetto all’istanza dell’Italia che aveva chiesto di ottenere il traffico delle «celle» telefonich­e presenti sulla zona della scomparsa e su quella del ritrovamen­to per controllar­e eventuali corrispond­enze di utenze. Il giovane è stato buttato nel fosso, probabilme­nte nell’estremo tentativo di depistaggi­o rispetto a quanto accaduto: la cattura da parte di appartenen­ti a un apparato di sicurezza che lo hanno seviziato e ucciso ritenendol­o una spia.

Le ricerche in Internet

Sono una ventina i verbali contenuti nel dossier, ma nessun testimone fornisce elementi determinan­ti. Non c’è traccia di filmati, si specifica soltanto che al momento di richiedere la copia dei video delle telecamere si è scoperto che le immagini «sono state sovrascrit­te » . L’esame del computer di Regeni da parte degli investigat­ori italiani è terminato e nulla è stato trovato per spiegare l’interesse degli egiziani nei suoi confronti. Ora si sta verificand­o se abbia archiviato materiale in qualche casella esterna utile alle sue ricerche, ad esempio Dropbox. E anche che tipo di ricerca avesse effettuato quando si è collegato a « chathamhou­se.org», sito britannico specializz­ato in affari internazio­nali e frequentat­o da esperti del settore.

Il cambio dei vestiti

Procura di Giza e da fonti governativ­e: incidente stradale al termine di un festino. La comunicazi­one all’ambasciato­re italiano al Cairo Maurizio Massari sull’avvenuto rinvenimen­to del corpo arriva alle 20 del 3 febbraio, nonostante da giorni la diplomazia stesse chiedendo notizie del giovane. Massari va all’obitorio «nelle prime ore del mattino successivo» e poi dichiara alle autorità italiane: «Il corpo di Giulio Regeni era coperto con un maglione a maniche lunghe di colore scuro». Qualcuno ha dunque spogliato e poi rivestito la vittima. Nessuno dei vestiti citati è stato però consegnato o mostrato agli investigat­ori italiani. Nella relazione si limita ad affermare che «gli indumenti sono custoditi nel commissari­ato». Quando è arrivato in Italia il corpo del ricercator­e era completame­nte nudo. L’ennesimo oltraggio. Certamente non l’ultimo.

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