Regeni, il dossier dal Cairo
ci sono alcune persone che si appartano per fare la pipì e sporgendosi dal parapetto notano il corpo. Il tassista avvisa subito il suo datore di lavoro, entrambi vengono poi interrogati ma — almeno a leggere il resoconto — si limitano a fornire una scarna ricostruzione. Eloquente è invece l’annotazione degli investigatori: «In zona non è presente alcun ripetitore». Un evidente tentativo di mettere le mani avanti rispetto all’istanza dell’Italia che aveva chiesto di ottenere il traffico delle «celle» telefoniche presenti sulla zona della scomparsa e su quella del ritrovamento per controllare eventuali corrispondenze di utenze. Il giovane è stato buttato nel fosso, probabilmente nell’estremo tentativo di depistaggio rispetto a quanto accaduto: la cattura da parte di appartenenti a un apparato di sicurezza che lo hanno seviziato e ucciso ritenendolo una spia.
Le ricerche in Internet
Sono una ventina i verbali contenuti nel dossier, ma nessun testimone fornisce elementi determinanti. Non c’è traccia di filmati, si specifica soltanto che al momento di richiedere la copia dei video delle telecamere si è scoperto che le immagini «sono state sovrascritte » . L’esame del computer di Regeni da parte degli investigatori italiani è terminato e nulla è stato trovato per spiegare l’interesse degli egiziani nei suoi confronti. Ora si sta verificando se abbia archiviato materiale in qualche casella esterna utile alle sue ricerche, ad esempio Dropbox. E anche che tipo di ricerca avesse effettuato quando si è collegato a « chathamhouse.org», sito britannico specializzato in affari internazionali e frequentato da esperti del settore.
Il cambio dei vestiti
Procura di Giza e da fonti governative: incidente stradale al termine di un festino. La comunicazione all’ambasciatore italiano al Cairo Maurizio Massari sull’avvenuto rinvenimento del corpo arriva alle 20 del 3 febbraio, nonostante da giorni la diplomazia stesse chiedendo notizie del giovane. Massari va all’obitorio «nelle prime ore del mattino successivo» e poi dichiara alle autorità italiane: «Il corpo di Giulio Regeni era coperto con un maglione a maniche lunghe di colore scuro». Qualcuno ha dunque spogliato e poi rivestito la vittima. Nessuno dei vestiti citati è stato però consegnato o mostrato agli investigatori italiani. Nella relazione si limita ad affermare che «gli indumenti sono custoditi nel commissariato». Quando è arrivato in Italia il corpo del ricercatore era completamente nudo. L’ennesimo oltraggio. Certamente non l’ultimo.