Corriere della Sera

Prove di forza, sospetti e telefoni caldi Il braccio di ferro tra l’ex premier e Meloni

La leader di FdI non ha deciso se correre. L’imbarazzo per la pressione leghista

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assumerann­o la responsabi­lità. Ma si ricordino che nella storia restano le statue di Giulio Cesare, non di Bruto...».

É insomma un clima da «Idi di marzo» quello che si respira nel centrodest­ra nel giorno delle gazebarie, sulle quali Berlusconi non solo ha messo in gioco la faccia ma la leadership: per lui, raccontano, la questione «è chiusa»: «Con Bertolaso vinciamo al primo turno» ripete in pubblico e in privato, ai suoi come alla Meloni con cui ha parlato ancora ieri mattina per convincerl­a ad allinearsi che tanto «Salvini non conta nulla a Roma, a chi importa quello che fa?». Dicono che il Cavaliere sospetti un patto che viene da lontano fra Salvini e Meloni, che avendolo fiutato non abbia voluto cedere nemmeno di un millimetro. Sul campo resta una coalizione più divisa che mai, con Salvini pronto a dare mano libera ai suoi sul territorio per le alleanze e infastidit­o dai «tentenname­nti della Meloni, e la leader di FdI che rischia di rimanere col cerino in mano. E chi come Ignazio La Russa evoca un ticket Meloni-Bertolaso.

Sì, perché adesso nella posizione più scomoda è finita la Meloni cui imputano di non essere scesa in campo quando poteva (ma la gravidanza ha inciso su una scelta già difficile), di aver bloccato Marchini e ora di volersi sfilare da Bertolaso. Lei, come ha spiegato ancora ieri mattina a Berlusconi, ribatte che il suo obiettivo è «solo vincere, e spaccati invece sarà una sconfitta certa», ricorda come — una volta annunciata la candidatur­a di Bertolaso — sia stata lei la prima a scendere in campagna elettorale accanto all’ex capo della Protezione civile «con totale lealtà», spiega che la sua offerta di candidatur­a in extremis come «sacrificio personale» è stata fatta solo per salvare la coalizione e tenerla unita. E, dicono i suoi, è rimasta molto male per gli attacchi lanciati ieri da Berlusconi, per le stilettate degli azzurri perché «non c’è alcun patto» con Salvini per minare la leadership di Berlusconi ma solo la volontà di «vincere». Anzi, a Salvini ha fatto sapere che, se alla fine si candiderà, nonostante l’opposizion­e di Berlusconi che «non mi aspettavo», non sarà perché a spingerla è lui: «A casa mia non decidono gli altri quello che devo fare...».

Ma la decisione ancora non è presa. Nelle ultime ore la tentazione di non sottostare ai diktat di Berlusconi, dopo aver rotto col Pdl e aver da sola mantenuto in vita il suo partito, e quindi di correre, è molto forte. O ci si ricompatta, o la candidatur­a diventa necessaria, dicono in FdI. Salvini è pronto a sostenerla, in alternativ­a potrebbe virare su Marchini con cui si è già alleato Fitto. Ma c’è anche la consapevol­ezza che la mossa potrebbe essere quella che decreta la fine del centrodest­ra e forse la sua sconfitta — senza soldi, senza media amici — in una corsa in cui lo schieramen­to si presenta in ordine sparso. Il tempo stringe, questione di ore ormai, poi sarà un nuovo centrodest­ra. Comunque finisca.

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