«Autobomba contro gli infedeli» La chat dei jihadisti passati per l’Italia
Operazione Ros: recuperate in un cellulare le conversazioni tra Roma e l’Iraq
I segreti di due presunti foreign fighters passati dall’Italia e apparentemente pronti a organizzare attentati dinamitardi e suicidi erano custoditi nella memoria remota di un telefono cellulare come tanti, marca Samsung. Era uno dei quattro apparecchi trovati il 2 novembre scorso a casa del quarantenne macedone Vulnnet Maqelara, alias Karlito Brigande, ricercato nel suo Paese per lesioni e detenzione illegale di armi ed esplosivi. I carabinieri della Compagnia Romacentro l’avevano individuato e arrestato per rispedirlo in Macedonia, ma al momento della perquisizione si sono insospettiti: per i quattro telefonini e per alcune lettere scambiate con un arabo ex compagno di detenzione in Italia, tale Firas Barhoumi, tunisino di 29 anni, scarcerato a marzo 2015 e poi espulso.
Di qui il passaggio dell’indagine alla sezione anticrimine del Ros, che attraverso il reparto investigazioni telematiche è riuscito a recuperare ciò che era stato cancellato dal cellulare di Brigande. Scoprendo filmati e immagini di ispirazione jihadista, fotografie inviate da Barhoumi vestito da soldato dell’Isis (o Daesh, secondo la sigla araba); ma soprattutto le registrazioni di conversazioni tra il macedone e il tunisino: messaggi inviati via Skype e chat vocali in un italiano malfermo, l’unica lingua in cui i due erano in grado di comunicare tra loro.
S’ ès coperto così che Barhoumi era andato in Iraq, probabilmente a combattere con lo Stato Islamico. L’ha scritto lui stesso a Brigande, il 19 ottobre scorso : « Sono a Irak... da un mese... scusa ma qua dove sono no si po usare telefono lo sai... il mio facebook... firas barhoumi... trove foto di un bambini che sta dormendo». I carabinieri hanno verificato che su Facebook c’è un profilo intestato al tunisino, e sulla bacheca compare l’immagine di un bambino che dorme. All’interno, hanno riferito alla Procura di Roma, «sono state rilevate anche immagini inequivoche e riconducibili al Daesh e a Ali Muhammed al Adnani, portavoce di Abu Bakr al Baghdadi, vertice di quell’organizzazione terroristica».
L’indirizzo telematico utilizzato da Barhoumi era a Bagdad, e da quella stessa zona, il giorno dopo, l’uomo ha dialogato con Brigande via chat, con il sistema Telegram. La conversazione riemersa dal telefono è quasi troppo esplicita.
Barhoumi: «Se vuoi tu venire qua … posso sistemare tutto per te ... Basta che tu fai un programma così, anche con documenti falsi, così tu puoi venire, inshallah”.
Brigande: «Io già so’ pronto se... mi puoi scrivere le strade, le cose, come faccio, da dove, cerco inshallah, piano piano di arrivare là».
Barhoumi: « Inshallah, basta tu cerca per venire a Turchia, resto ci penso io per te, hai capito? ».
Brigande: «Ok fratello cerco questo mese, inshallah, mi preparo piano piano ...”.
Barhoumi: « . .. Inshallah, per me io ho segnato… per uno operazione suciadìa, vuol dire prendo una macchina con l’esplosivo dentro per fare un’operazione contro il kuffar (miscredente, ndr) inshallah, però se me dici... promessa che tu venire dopo un mese io posso allontanare... la data dell’operazione…».
Brigande risponde di poter prendere un aereo al più presto, e si mette a navigare su Internet in cerca di notizie sui visti per l’Arabia Saudita. Secondo il giudice che ne ha ordinato l’arresto per «associazione con finalità di terrorismo internazionale», sarebbe certamente partito per andare a combattere se i carabinieri non l’avessero individuato e arrestato per estradarlo. Ora invece dovrà attendere in Italia l’esito dell’indagine antiterrorismo e l’eventuale
In italiano stentato Uno dei due uomini sarebbe in Iraq. Si scrivevano in italiano, unica lingua in comune
processo. L’ordine di arresto è stato firmato anche per Barhoumi, ovviamente irreperibile, non si sa se si trovi ancora in Iraq, né se sia vivo o morto. In più gli investigatori dell’Arma hanno fermato un altro macedone, Abdula Kurtishi, amico di Brigande, pure lui ricercato nel suo Paese.
Nella ricostruzione degli investigatori, Barhoumi ha convertito Brigande al radicalismo islamico durante un periodo di comune detenzione nella prigione di Velletri, tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015. Lo confermerebbero alcune lettere che i due si sono scambiati dopo essere stati spostati in altre carceri, in cui il tunisino scriveva frasi come «vincano i fedeli, i nemici sono i peccatori». E alla convivente bulgara Dilyana, che andava a trovarlo a Regina Coeli dopo l’arresto di novembre, Brigande diceva (intercettato): «Io non mi preoccupo. Che si preoccupano l’altri che fanno male alla gente ... Io faccio solo bene. Io cerco di levare la gente del male e mettere nel bene(…) Allah è (alzando l’indice della mano sinistra verso il cielo)... Tutto si aggiusterà... un giorno».