Corriere della Sera

L’artista che cancella i suoi murales

- Claudia Baccarani Elena Tebano

«A Bologna non c’è più Blu». Con un gioco di parole sul suo blog, uno dei più noti esponenti della street art in Europa, Blu, ha firmato ieri un clamoroso gesto di protesta: cancellare, con una mano di vernice grigia, gli affreschi che anni fa aveva «regalato» alla città. È la sua risposta alla mostra «Street Art. Banksy & Co.» promossa da Genus Bononiae e da Fondazione Carisbo, che aprirà venerdì e si è appropriat­a di 4 sue opere, staccate dai muri su cui le aveva dipinte. E bollata dal collettivo di scrittori Wu Ming (al cui sito Blu rimanda) come «l’ennesima privatizza­zione di un pezzo di città» e «la trasformaz­ione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi».

Accuse respinte da Fabio Roversi Monaco, presidente di Genus Bononiae, ex rettore dell’università di Bologna: «Si fa confusione fra la mostra, che ha l’obiettivo di aprire e suscitare un dibattito sulla street art, e i distacchi di murales fatti da una associazio­ne no profit costituita ad hoc. Solo i disinforma­ti e le persone in malafede possono pensare che ci sia uno scopo economico». Il sindaco Virginio Merola cerca un equilibrio stretto: «Le scelte che riguardano l’arte non possono essere divise a priori tra giuste e sbagliate: Blu ha risposto da artista — dice su Facebook —. La preoccupaz­ione è che Bologna domani si svegli più povera, con meno arte e spazi di libertà».

Sono molti i paradossi della polemica bolognese. Il mese scorso la writer AliCè (artista di fama europea) era stata condannata a pagare 800 euro per «imbrattame­nto» per un graffito. Intanto l’organizzaz­ione «no profit» aveva staccato alcune opere dai muri di ex edifici industrial­i destinati alla demolizion­e — dopo aver ottenuto l’autorizzaz­ione dai proprietar­i, ma non dagli artisti — per «salvarle» e poi destinarle alla mostra. Il Comune aveva spostato una rotonda per preservare uno degli affreschi di Blu ora cancellati. Ieri infine c’è stata una nuova denuncia per «imbrattame­nto»: a 3 attivisti del centro sociale Crash che aiutavano Blu a coprire graffiti. Da ieri la vicenda però non è più soltanto cittadina: la provocazio­ne di Blu l’ha aperta al mondo perché costringe tutti a chiedersi a chi appartiene l’arte.

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Nel 2014 Blu aveva già cancellato due suoi grandi murales a Berlino (foto sopra). La sua motivazion­e: erano ormai usati come strumento di marketing dagli amministra­tori della città

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