Corriere della Sera

Pirati in tv, la star è donna

Tutta l’arte (femminile) del comando in «Black Sails» Uno stile anti-Disney tra leader di tribù e ragazze ribelli

- Luca Mastranton­io

La serie, prodotta dalla Starz, è giunta alla terza stagione e il successo di critica e pubblico, premi compresi (due Emmy Awards nel 2014), ha fatto mettere in cantiere già la quarta. La speranza è che autori e produttori, tra cui Michael Bay, non annacquino troppo una storia di cui bene o male sappiamo ciò che verrà dopo, poiché lo troviamo nell’Isola del tesoro. Per ora tutto si tiene e funziona molto bene.

Perché? I pirati sono cool, c’è un’ottima miscela di sesso, potere e avventura. Ma c’è dell’altro. Per Jon Steinberg, creatore della serie assieme a Robert Levine, Black Sails «è la storia di un gruppo di individui che vogliono vivere fuori dal sistele ma, un sistema fatto per vivere non con gli altri, ma contro gli altri. Loro creano questa bolla di libertà che vogliono difendere. Però non si tratta dell’Isola-che-non-c’è, no, è qualcosa di storico, avvenuto realmente, 300 anni fa. Una vicenda che in un certo senso ha anticipato la rivoluzion­e americana e francese, celebrando ideali come la libertà che sono universali, attuali anche oggi».

Che non si tratti di Neverland, il regno di Peter Pan, lo dimostra la distanza dalla celebre saga prodotta dalla Walt Disney Pirati dei Caraibi, pirotecnic­o fantasy peterpaniz­zato grazie a Johnny Depp. Il modello cinematogr­afico di Black Sails (quello tv invece è il western Deadwood, della Hbo) è Master & Commander (2003), di Peter Weir: tutto onde, vento e testostero­ne, dov’è centra- l’arte del comando tra carisma e strategia. Qui arricchita da un elemento presente nella storia della pirateria ma poco in letteratur­a: le donne.

In Black Sails gli uomini sono condannati a fare i maschi alfa o ad annullarsi nelle ciurme, mentre le donne hanno più ruoli: dalla prostituta poi padrona del bordello (Max) alla capa del consorzio (Eleanor Guthrie), passando per assassine ( Anne Bonny), regine africane e nobildonne inglesi.

Una nemesi! Il bambino che disegnò la mappa che ispirò il romanzo di Stevenson, Samuel Lloyd Osbourne (figlio del primo matrimonio, finito con un divorzio, della moglie dello scrittore), aveva chiesto al patrigno adottivo di non metterci donne nella storia.

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