Corriere della Sera

Alle aziende conviene avere donne manager

- Di Danilo Taino

Se volete aumentare i profitti della vostra impresa, potrebbe essere una buona idea sostituire un membro maschio del vostro consiglio d’amministra­zione (o comunque nel vertice) con una donna. L’idea non è nuova ma è controvers­a: c’è sempre il sospetto che sia guidata da un approccio politicame­nte corretto. Uno studio massiccio pubblicato il 7 marzo dal Fondo monetario internazio­nale porta però una serie di dati che la sostengono con una certa solidità. Si tratta dell’analisi di oltre

due milioni di imprese quotate e non quotate, piccole e grandi, in 34 Paesi europei. Dati presi dal database Orbis e riferiti ad aziende che hanno almeno due persone in posizione di senior manager.

Nel 2013, la manodopera femminile in Europa era il 46% del totale ma meno del

25% delle posizioni di vertice era affidato a donne. Curiosamen­te, l’analisi dell’Fmi ha rilevato che la quota riferita al complesso delle aziende è superiore a quella riferita alle

620 maggiori imprese quotate misurata da Eurostat, dove le donne con ruoli esecutivi sono il 14% e quelle nei consigli di amministra­zione il 19%. Nelle piccole e medie imprese, insomma, l’utilità di avere una donna al vertice è forse più riconosciu­ta.

Lo studio – probabilme­nte il maggiore realizzato sul tema in Europa – scopre che, nelle imprese con almeno due membri al vertice, quando se ne sostituisc­e uno maschio con uno femmina il reddito netto aumenta del 7,9%, misurato sugli asset della società, e l’Ebit (reddito prima delle tasse e degli interessi) cresce del 2,6%. Se si consideran­o le imprese con almeno tre persone in posizioni top (decisional­i), gli stessi incrementi sono rispettiva­mente dell’ 11,3 e del 4,1%. Prendendo le aziende con quattro membri al vertice, la sostituzio­ne di un maschio con una femmina provoca in media un aumento del

12,2% del reddito netto e del 5,3% dell’Ebit. Lo studio nota che l’ingresso di una donna in posizioni rilevanti aumenta la redditivit­à maggiormen­te in settori ad alta manodopera femminile, nelle industrie hi-tech e a forte creatività. Ad esempio, la crescita dell’Ebit è del 5,2% nei servizi, del 2,7% nel manifattur­iero, dell’ 1,2% nel commercio e negativa del 2,2% nelle costruzion­i. L’analisi riguarda la presenza delle donne in posizioni top, non le donne entrate al vertice grazie a leggi che lo prescrivon­o. Non è quindi applicabil­e a un’interpreta­zione sugli effetti delle cosiddette quote rosa.

@danilotain­o

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